L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello 14 aprile 2023, n. 296, interviene fornendo chiarimenti in merito alla possibilità di detassare i premi di risultato erogati da società a partecipazione pubblica.
La risposta opera una ricostruzione dell’interna normativa a riferimento, partendo “ufficialmente” dalla Legge di Bilancio per l’anno 2016, e quindi agli annessi documenti di prassi emanati a suffragio (Circolare 15 giugno 2016, n. 28/E e Circolare 29 marzo 2018, n. 5/E), sebbene sia anche indirettamente richiamata la Circolare 22 ottobre 2008, n. 59, che a suo tempo forniva specificazioni in merito alla prima versione della detassabilità dei premi.
Viene ripercorsa l’intero asset dal quale può derivare la possibilità di detassare premi di risultato, e quindi previsione da parte della contrattazione collettiva di secondo livello (territoriale, ovvero aziendale) a fronte del raggiungimento di determinati risultati (in termini di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, anche per effetto di risparmio di fattori produttivi), che siano misurabili e stimabili in maniera certa, anche grazie al riscontro con indicatori oggettivi.
La questione che la risposta ad interpello n. 296/2023 dirime riguarda la possibilità di applicare tale normativa anche a società a partecipazione pubblica.
A tal riguardo, proprio la Circolare n. 59/2008, prevedeva espressa applicazione al solo settore privato della disciplina della detassazione.
Con tale passaggio in ogni caso, viene ribadito che si intende indicare le sole amministrazioni pubbliche in senso stretto definite dall’art. 1, comma 2 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Possono quindi invece, per esclusione positiva, beneficiare della detassazione, le aziende a partecipazione pubblica, che non rientrano nella definizione fornita dal D.Lgs. n. 165/2001.