Risoluzione 23 luglio 2024, n. 40 Indennità corrisposte a titolo di incentivo all’esodo e a titolo di importo transattivo – Applicabilità del ”regime speciale per lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015
Quesito
L’Istante (di seguito ”Banca” o ”Istante”) rappresenta di aver raggiunto un accordo per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con tre dipendenti in base al quale è tenuta a corrispondere agli stessi, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, somme a titolo di ”incentivo all’esodo” e di generale transazione (di seguito anche ”importo transattivo”).
L’Istante fa presente che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 17 e 19 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986,n. 917 (Tuir), le somme corrisposte a titolo di ”incentivo all’esodo” e di ”importo transattivo” sono assoggettate a tassazione separata, fermo il concorso dei predetti redditi alla formazione del reddito complessivo dell’anno di percezione, laddove ciò risulti più favorevole per il contribuente. Inoltre, l’articolo 24, comma 31, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, l’applicazione della tassazione ordinaria, in luogo della tassazione separata, alla quota delle indennità erogate, in denaro o in natura, in occasione della cessazione di rapporti di lavoro dipendente che eccedono l’importo di euro 1.000.000,00.
L’Istante rappresenta che i dipendenti, al momento della corresponsione delle predette somme, beneficiano del ”regime speciale per lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e, pertanto, in qualità di sostituto d’imposta, chiede se il predetto regime agevolativo possa:
applicarsi alle indennità sopra citate, qualora le stesse concorrano, fino ad un importo non eccedente euro 1.000.000,00, alla formazione del reddito complessivo dell’anno di percezione, in deroga al regime di tassazione separata di cui agli articoli 17 e 19 del Tuir. In caso di risposta affermativa, inoltre, l’Istante chiede chiarimenti in merito alle modalità operative da seguire, stante le peculiarità del meccanismo della tassazione separata. In particolare, l’Istante chiede conferma che il regime fiscale di cui al citato articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 sia riconosciuto dai competenti uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate a fronte di specifica istanza presentata dal contribuente;
essere riconosciuto per il tramite del sostituto di imposta, in via ordinaria, sugli importi eccedenti euro 1.000.000,00.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene, in primis, che le somme da erogare a titolo di ”incentivo all’esodo” e ”importo transattivo”, «qualificandosi quali redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia e indipendentemente dal loro importo, rientrino nell’ambito oggettivo del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015».
In particolare, l’Istante ritiene di dover assoggettare a tassazione separata le predette somme e che, i dipendenti, successivamente alla notifica della liquidazione definitiva dell’imposta, a fronte di specifica istanza, possano richiedere ai competenti uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate di beneficiare del predetto regime agevolativo facendo concorrere i medesimi importi al reddito complessivo.
Al riguardo, l’Istante fa presente che l’Amministrazione Finanziaria, nel corso di un incontro con la stampa specializzata effettuato in occasione di ”Telefisco” del 26 gennaio 2023, ha chiarito che ove il contribuente ritenga più favorevole far concorrere al reddito complessivo i redditi soggetti a tassazione separata, al fine di beneficiare delle agevolazioni previste dal ”regime speciale per lavoratori impatriati”, dopo il ricevimento della comunicazione degli esiti della liquidazione dell’imposta, lo stesso potrà rivolgersi al competente ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, che procederà, in sede di assistenza, alla modifica dell’esito della comunicazione, previa verifica dei presupposti, facendo concorrere i redditi in questione alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti.
L’Istante ritiene, inoltre, che nel caso in cui i dipendenti non ricevano la comunicazione degli esiti della liquidazione dell’imposta atto necessario affinché il contribuente possa chiedere di modificarne l’esito tenendo conto del regime di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 gli stessi possano, in ogni caso, presentare un’istanza di rimborso entro i termini di cui all’articolo 38, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (”Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”), decorrenti dalla data in cui l’Istante ha versato le ritenute applicate.
In merito al secondo quesito, l’Istante ritiene che gli importi da erogare a titolo di ”incentivo all’esodo” e di ”importo transattivo” eccedenti euro 1.000.000,00, debbano concorrere alla formazione del reddito dei percipienti nell’anno di corresponsione nelle misure previste dall’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015. L’Istante ritiene, quindi, di dover applicare, su detti importi, le ritenute avendo a riferimento il minor reddito imponibile previsto dal ”regime speciale per lavoratori impatriati”.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si fa presente che il presente parere ha ad oggetto esclusivamente l’applicazione del ”regime speciale per lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 alle somme corrisposte a titolo di ”incentivo all’esodo” e di ”importo transattivo”, nel presupposto del soddisfacimento dei dipendenti dell’Istante dei requisiti richiesti per poter fruire di detto regime speciale, non verificabili in questa sede.
L’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir prevede che «L’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: a) […] altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti [ndr. rapporti di lavoro dipendente] […], nonché le somme e i valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive,
a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazione relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro».
Come chiarito con la circolare 20 marzo 2001, n. 29/E, cap. II, par. 1.2, tra le «altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione» del rapporto di lavoro rientrano anche le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo.
In relazione alle modalità di tassazione delle predette somme, l’articolo 19, comma 2, primo periodo, del Tuir prevede che «Le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell’art. 17, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l’aliquota determinata agli effetti del comma 1», e cioè la stessa aliquota di tassazione del TFR (cfr. circolare 16 febbraio 2007, n. 10/E).
Ai sensi del comma 3, ultimo periodo del medesimo articolo 17, per i redditi di cui al comma 1, lettere a), b), c) e c bis) «gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute con le modalità stabilite negli articoli 19 e 21 ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente».
In sostanza, in applicazione della citata disposizione, per tali redditi la tassazione avviene, in via provvisoria, da parte del sostituto d’imposta e, successivamente, l’imposta dovuta è oggetto di riliquidazione da parte dell’Agenzia delle entrate, applicando l’aliquota media del quinquennio precedente o «facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente».
Il comma 31 dell’articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 prevede che «Alla quota delle indennità di fine rapporto di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, erogate in denaro e in natura, di importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 non si applica il regime di tassazione separata di cui all’articolo 19 del medesimo TUIR. Tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo. Le disposizioni del presente comma si applicano in ogni caso a tutti i compensi e indennità a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle società di capitali. In deroga all’articolo 3 della legge 23 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui al presente comma si applicano con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011».
Al riguardo, la circolare 28 febbraio 2012, n. 3/E ha evidenziato che «la valenza esclusivamente fiscale della disposizione in esame non determina un mutamento della natura delle indennità erogate. In altri termini, le indennità erogate (ad esempio il TFR) conservano la loro natura ancorché gli importi eccedenti il limite di euro 1.000.000 siano esclusi dalla tassazione separata e concorrano alla formazione del reddito complessivo».
Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del ”regime speciale per i lavoratori impatriati”, con la circolare 23 maggio 2017, n. 17/E è stato chiarito (cfr. Parte II, paragrafo 4.1) che i redditi agevolati «devono essere determinati secondo le disposizioni previste dal TUIR perle singole categorie di reddito, vale a dire dall’articolo 51, se derivanti da rapporti di lavoro dipendente, dall’articolo 52, se derivanti da rapporti assimilati al lavoro dipendente e dall’articolo 54 se derivanti dall’esercizio di arti e professioni».
Detta disposizione deve, tuttavia, intendersi riferita ai redditi che ”ordinariamente” concorrono alla formazione del reddito complessivo e non anche ai redditi soggetti a tassazione separata, per i quali, il legislatore, in ragione delle loro peculiarità, ha previsto una specifica modalità di tassazione, disciplinata dall’articolo 17 e seguenti del Tuir.
Sul punto, si fa presente che anche la circolare 28 dicembre 2020, n. 33/E (paragrafo 7.7), seppur con riferimento ai redditi soggetti all’aliquota addizionale di cui all’articolo 33 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, ha affermato che, ai fini dell’applicazione del regime speciale in esame, «oggetto di agevolazione sono i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia che concorrono alla formazione del reddito complessivo secondo le ordinarie disposizioni del TUIR (mediante la confluenza degli stessi nelle misure ridotte previste)».
In applicazione di tale principio, pertanto, sono esclusi dal regime speciale in commento i redditi che non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini Irpef, compresi quelli ai quali l’imposta si applica separatamente ai sensi del citato articolo 17 del Tuir, tra cui le «altre indennità e somme percepite una volta tanto» in dipendenza della cessazione di rapporto di lavoro dipendente.
Ai sensi del comma 3, ultimo periodo del medesimo articolo 17, per i redditi di cui al comma 1, lettere a), b), c) e c bis) «gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute con le modalità stabilite negli articoli 19 e 21 ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente».
In tale contesto, si ritiene che qualora il contribuente intenda beneficiare del regime speciale può rivolgersi, dopo il ricevimento della comunicazione degli esiti della liquidazione dell’imposta, al competente Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate che, in sede di assistenza, previa verifica dei presupposti, riliquiderà l’imposta dovuta, facendo concorrere i redditi in questione (nella misura ridotta prevista dalla norma) alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti.
Nel caso di specie, le somme spettanti (a titolo di ”incentivo all’esodo” e di ”importo transattivo”) ai tre dipendenti, in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro con l’Istante, in generale, sono soggette al regime della tassazione separata di cui all’articolo 17 sopra citato, fino all’importo di 1.000.000,00 euro e al regime della tassazione ordinaria, per la quota parte eccedente detto importo.
Pertanto, fino all’importo di euro 1.000.000,00, l’Istante, in qualità di sostituto d’imposta, dovrà applicare il regime della tassazione separata in sede di loro erogazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 17 e 19 del Tuir.
In base ai chiarimenti sopra illustrati, i dipendenti, dopo il ricevimento della comunicazione degli esiti della liquidazione dell’imposta dovuta su tali somme, potranno rivolgersi, al competente Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate. L’Ufficio, in sede di assistenza, previa verifica dei presupposti per l’applicazione del predetto regime speciale, riliquiderà l’imposta dovuta, facendo concorrere i redditi in questione, nella misura ridotta prevista dalla norma, alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti.
In attesa di ricevere tale comunicazione, i dipendenti, ove lo ritengano opportuno, potranno presentare istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del medesimo d.P.R. n. 602 del 1973. Tale disposizione prevede che «Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.
L’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata».
Riguardo alla possibilità di applicare il regime speciale di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 alle predette somme per la soglia superiore a un milione di euro, si fa presente che, come chiarito nella citata circolare 3/E del 2012, l’Istante ai sensi dell’articolo 24, comma 31, del d.l. n. 201 del 2011, dovrà assoggettare a tassazione ordinaria le somme eccedenti la predetta soglia.
L’assoggettamento alle ordinarie regole di tassazione per scaglioni delle somme in oggetto, per la soglia eccedente un milione di euro, consente di applicare alle stesse, nel rispetto di ogni altra condizione richiesta dalla norma, il regime speciale in commento. Pertanto, sull’importo eccedente euro 1.000.000,00, l’Istante potrà operare le ritenute di imposta ai fini Irpef, avendo a riferimento il minor reddito imponibile previsto dal regime speciale.
Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Resta impregiudicato, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’Istante, possa condurre ad una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.
Risposta 22 luglio 2024, n. 159 Regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – Soggetto che al rientro ha beneficiato del regime opzionale di imposizione sostitutiva per i nuovi residenti di cui all’articolo 24–bis del Tuir
Quesito
L’Istante, cittadino italiano, dichiara:
di essere stato residente negli Stati Uniti per oltre 10 anni e di essere rientrato in Italia il 18 aprile 2019, usufruendo del regime per neoresidenti di cui all’articolo 24bis del TUIR, negli anni 2019, 2020 e 2021;
che, revocando l’opzione per il predetto regime, ha fruito del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs. 147 del 2015, per i periodi di imposta 2022 e 2023.
Fa presente, al riguardo che «Tale passaggio di regime si evince dalla dichiarazione dei redditi 2023 per il 2022 che contempla la tassazione per l’anno 2022 di tutti i redditi di fonte estera, compilazione del quadro RW, pagamento di IVIE e IVAFE. Il regime impatriati è stato applicato direttamente in busta paga. Analogamente è avvenuto per l’anno 2023 e la dichiarazione dei redditi che sarà presentata nel 2024 ugualmente prevederà la tassazione di tutti i redditi di fonte estera, nonché compilazione del quadro RW e relativo pagamento di IVIE e IVAFE»;
che, a novembre 2022, ha acquistato un immobile di tipo residenziale.
Ciò posto, l’Istante chiede se può beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio, a partire dal periodo di imposta 2024 (mediante l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 5, comma 2bis, d.l. n. 34 del 2019) anche se al 31 dicembre 2019 non beneficiava di tale regime speciale pur avendone i requisiti, in quanto fruiva del regime per neo residenti di cui all’articolo 24bis del TUIR.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene di poter beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio con esercizio dell’opzione, in quanto:
è rientrato in Italia nel periodo di imposta 2019 e, al 31 dicembre dello stesso periodo di imposta, possedeva i requisiti per beneficiare sia del regime speciale per lavoratori impatriati, che del regime per neoresidenti;
al 31 dicembre 2019, non beneficiava del regime speciale per lavoratori impatriati, perché aveva optato per regime dei neoresidenti, ma rispettava comunque
tutti i requisiti per l’applicazione del regime speciale in esame, successivamente applicato per gli anni 2022 e 2023;
con riferimento all’incumulabilità dei due regimi, richiamando la circolare 17/ E del 2017 in cui è stabilito che ”Il divieto di cumulo, tuttavia, non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme”, l’applicazione del regime speciale per gli anni 2022 e 2023 rispetterebbe l’alternatività rispetto al regime per neoresidenti.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che il parere reso concerne esclusivamente la possibilità per l’Istante di avvalersi, ai sensi dell’articolo 5, comma 2bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (decreto Crescita), convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 dell’estensione temporale del ”regime speciale per i lavoratori impatriati” di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ad ulteriori cinque periodi di imposta senza che ciò implichi, in quanto non oggetto della presente istanza, una valutazione circa la sussistenza delle condizioni previste per l’applicazione del predetto regime, rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (cd. Decreto Internazionalizzazione) ha introdotto il ”regime speciale per lavoratori impatriati” che è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Con riferimento a tale regime speciale, sono stati forniti specifici chiarimenti, tra l’altro, con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 e, a seguito delle modifiche apportate dal citato articolo 5 del decreto Crescita, con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, nonché con numerose risposte ad interpello pubblicate consultabili nell’apposita sezione presente sul sito dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it/portale/ web/guest/normativaeprassi/risposteagli interpelli), cui si rinvia per gli ulteriori approfondimenti.
In particolare, il comma 2bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, in vigore dal 1° gennaio 2021, ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, anche a coloro «che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».
Tale disposizione, in sostanza, consente alle persone fisiche che hanno trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime impatriati, di poter optare per l’estensione del regime, previo versamento di un importo pari:
- a) al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti: ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) ovvero è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni;
- b) al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena anche in tal caso la restituzione del beneficio, senza applicazione di alcuna sanzione.
In entrambi i casi, «l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà».
Le modalità di esercizio dell’opzione sono state definite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2021, prot. n. 60353, in attuazione di quanto stabilito al successivo comma 2ter del medesimo articolo 5. Tale Provvedimento dispone, in particolare, al Punto 1 (”Modalità di esercizio dell’opzione ai fini della proroga del riconoscimento dei benefici fiscali connessi al rientro in Italia”) che l’opzione è esercitata mediante il versamento degli importi dovuti in unica soluzione mediante il modello di pagamento F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, utilizzando i codici tributo ”1860” ”Importo dovuto (10 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’articolo 5, co. 2bis, lett. a), del DL n. 34 del 2019” e il codice ”1861” ”Importo dovuto (5 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’articolo 5, co. 2bis, lett. b), del DL n. 34 del 2019”, istituiti con la risoluzione n. 27/ E del 15 aprile 2021, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 16 sopracitato.
L’articolo 1, comma 154, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce che il regime speciale di cui al citato articolo 16 non è cumulabile con gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24bis del TUIR.
Tale disposizione prevede che «Le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva […] dei redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione».
Il comma 4 del medesimo articolo 24bis stabilisce che l’opzione (che cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione medesima) può essere revocata e, in tal caso, non può essere esercitata nuovamente.
Con la citata circolare n. 17/E del 2017 (cfr. Parte IV, paragrafo 2) è stato, al riguardo, chiarito che i regimi agevolativi «rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d’imposta», in quanto il divieto di cumulo previsto dalla norma «non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. Ciò nella considerazione che un soggetto che sceglie un regime fiscale di vantaggio può fare affidamento, avendone i requisiti, su altro regime agevolativo che viene introdotto nel nostro ordinamento in un momento successivo alla scelta effettuata».
In sostanza, dunque, un contribuente in possesso dei requisiti richiesti dalle rispettive norme che, al rientro in Italia, esercita l’opzione per il regime di cui al citato articolo 24bis del TUIR può, nei periodi d’imposta successivi, revocare tale opzione ed accedere (nel rispetto di ogni altra condizione) al regime speciale per i lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 nonché applicare tale regime speciale per gli ulteriori periodi d’imposta previsti dalla norma di riferimento.
In particolare, i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l’applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l’opzione di cui al comma 2bis dell’articolo 5 del decreto Crescita, anche se, pur possedendo i requisiti per l’applicazione del regime speciale nel periodo d’imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo esercitato l’opzione di cui al citato articolo 24bis del TUIR.
Ciò in quanto si ritiene che, ai fini del prolungamento del beneficio per ulteriori annualità, a partire dal primo anno d’imposta successivo a quello di conclusione del primo periodo agevolato, rileva la circostanza che il contribuente abbia fruito del regime speciale anche solo per alcune delle annualità del primo quinquennio agevolabile e che sia stato potenzialmente beneficiario dell’agevolazione medesima nel periodo di imposta 2019, a nulla rilevando, quindi, che ne abbia effettivamente fruito in tale anno.
Resta fermo che il contribuente deve soddisfare, nel primo anno successivo alla conclusione del primo periodo agevolato, i requisiti di cui al comma 2bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita previsti per effettuare nei termini il dovuto versamento del 10 o del 5 per cento «dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione […] relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione»
Nel caso di specie, l’Istante che dichiara che nel 2019 possedeva i requisiti per l’applicazione del regime speciale di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 e di aver acquistato un immobile di tipo residenziale a novembre 2022, potrà applicare, ai sensi del citato comma 2bis, dell’articolo 5 del decreto Crescita il regime speciale per un ulteriore quinquennio, anche se nel periodo d’imposta 2019 ha fruito del regime di cui all’articolo 24bis del TUIR.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.