Quesito

L’Istante, cittadino italiano, dichiara di essere residente dal 1998 all’estero, dove lavora presso una società inglese (di seguito “Capogruppo” o “precedente datore”), a capo dell’omonimo gruppo.

Dal 2015, lavora presso la sede londinese della Capogruppo con il ruolo di CEO e ricopre anche cariche di amministratore di due controllate inglesi e della controllata italiana. Con documentazione integrativa, l’Istante precisa che l’incarico di amministratore anche di alcune controllate del gruppo in costanza del suo attuale rapporto di lavoro quale CEO della società inglese rientra “nell’esigenza, tipica dei gruppi multinazionali, di assicurarsi che gli esponenti della capogruppo abbiano la possibilità di monitorare le scelte assunte in seno all’organo amministrativo delle controllate al fine di poter fornire gli adeguati riporti e verificare che tali scelte siano in linea con gli indirizzi di gruppo. Si tratta dunque di incarichi attribuiti ai singoli dipendenti (tra cui l’Istante) come parte del rapporto di lavoro sussistente con la capogruppo, e nell’interesse di quest’ultima più che della società controllata. Ciò è peraltro confermato, come si dirà, dal fatto che gli incarichi presso le controllate non sono separatamente remunerati (i.e. non vi è alcun compenso per l’amministratore).

L’incarico nei riguardi della predetta controllata italiana ha dunque avuto natura ancillare rispetto alla principale attività lavorativa svolta dall’Istante all’estero quale CEO della suddetta controllante inglese. Dal punto di vista concreto l’attività ha avuto rilevanza del tutto marginale limitandosi l’Istante a partecipare – da remoto (…) – alle assemblee della controllata italiana e poco altro”. Precisa, inoltre che “relativamente all’incarico di amministratore della stessa svolto dall’Istante questo non ha mai percepito alcuna remunerazione né alcun benefit.”.

L’Istante dichiara di aver sottoscritto una lettera di impegno all’assunzione che prevede il suo trasferimento in Italia da settembre 2022 per svolgere nuove ed ulteriori mansioni presso una delle società controllate italiane dove dall’estero già riveste la carica di amministratore (di seguito “Società” o “nuovo datore”).

L’Istante precisa che si occuperà, oltre che degli incarichi amministrativi già in essere, di sviluppare il business della Società sul territorio italiano e di nuove offerte di prodotto derivanti dall’introduzione di nuove tecnologie.L’Istante evidenzia che il nuovo rapporto di lavoro con la Società “non prevede il mantenimento di alcun diritto (i.e. ferie, bonus o indennità etc.) che possa essere maturato dall’Istante con la società inglese (…) con cui ogni rapporto, come detto, verrà definitivamente a cessare a far data dal 31 agosto 2022 senza alcun ulteriore effetto riflesso nel nuovo rapporto di lavoro con la controllata italiana (…) e senza prevedere alcuna possibilità di rientro nel rapporto di lavoro con la società inglese (…) in caso di cessazione del rapporto con la predetta società italiana”.

Ciò premesso, l’Istante chiede se possa fruire del regime di cui all’articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 147 del 2015, a decorrere dal periodo di imposta 2023 e, in particolare, chiede di confermare che non costituisca causa ostativa all’accesso al regime degli impatriati:

– il mantenimento delle cariche amministrative assunte in costanza del precedente rapporto di lavoro con il precedente datore inglese tra cui quello di CEO;

– la circostanza che prima del rientro in Italia, in costanza del rapporto di lavoro con il precedente datore estero abbia, altresì, ricoperto l’incarico di amministratore della Società italiana, nuovo datore di lavoro, trattandosi di incarichi “ancillari e comunque secondari rispetto alla carica di CEO e svolti da remoto presso la sua abituale sede di lavoro estera salvo sporadiche trasferte in Italia.”

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

L’Istante ritiene di soddisfare le condizioni richieste per essere ammesso a beneficiare dell’agevolazione in esame, a nulla rilevando la circostanza che in base alla lettera di impegno all’assunzione per il suo nuovo rapporto di lavoro in Italia si preveda che mantenga le cariche amministrative assunte in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la capogruppo inglese “non essendo richiesto alcun requisito di discontinuità nel caso di specie non vertendosi in un caso di distacco e comunque risultando apprezzabili elementi di novità nel rapporto di lavoro che l’Istante verrà ad instaurare in Italia.”.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, che ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”, prevede, ai sensi del comma 1, che il predetto regime spetta al lavoratore che:

a) trasferisce la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;

b) non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni;

c) svolge l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr. articolo 16, comma 3, decreto legislativo n. 147 del 2015).

Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame, sono stati forniti chiarimenti in ordine, tra l’altro, ai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per accedere all’agevolazione.

In particolare, con riferimento al rientro in Italia di lavoratori dipendenti di datori esteri, con la citata circolare n. 33/E del 2020 è stato precisato (cfr. paragrafo 7.5) che il predetto articolo 16 non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, che possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).Con la risoluzione n. 72/E del 26 settembre 2018, inoltre, è stato precisato che l’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate ed operanti in Stati differenti non esclude, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma in esame, la possibilità di accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, a nulla rilevando la circostanza che l’attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo.

Con riferimento al caso di specie, considerato che l’Istante non si è trasferito all’estero in posizione di distacco non è necessario, ai fini dell’applicazione del regime in commento, verificare se il rientro in Italia sia conseguenza della naturale scadenza del distacco e, quindi, in sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ovvero sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.

Al riguardo, la circostanza, nel caso in esame, che l’Istante, acquisita la residenza fiscale in Italia, presti in tale territorio la propria attività lavorativa, è coerente con le finalità del regime agevolativo in esame la cui vis attrattiva promuove e favorisce l’acquisizione di forza lavoro qualificata da parte dell’Italia, indipendentemente dalla residenza del datore di lavoro.

Non si ritiene, dunque, ostativo, ai fini dell’applicazione del regime agevolativo in esame, la duplice circostanza che, l’Istante mantenga la carica amministrativa assunta in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la Capogruppo inglese e che, in base agli accordi con tale società in costanza del suo rapporto di lavoro con la stessa, abbia altresì ricoperto l’incarico di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento in Italia.

Sulla base delle su esposte motivazioni l’Istante, laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla norma in esame, potrà beneficiare del regime speciale in esame a decorrere dal periodo d’imposta nel quale trasferisce la residenza fiscale in Italia.

Si fa presente, inoltre che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212.