L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 55 del 31 gennaio 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di beneficiare del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, per i redditi di lavoro dipendente ivi prodotti a partire dall’anno di imposta 2022, da parte di un lavoratore rientrato dall’estero, ove è attivo un contratto di lavoro con una società straniera, per prestare attività in smart-working.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 ha introdotto il ” regime speciale per lavoratori impatriati“. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.  34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, come modificato dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 “a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147“.

Per fruire del trattamento di cui all’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, come modificato dal decreto crescita, è necessario, ai sensi del comma 1, che il lavoratore:

  1. trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
  2. non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
  3. svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio.

In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell’articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:

  1. sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
  2. abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr. articolo 16, comma 3, decreto legislativo n. 147 del 2015).

Per accedere al regime speciale, il citato articolo 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.

In relazione alle modifiche normative che hanno ridisegnato il perimetro di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal periodo di imposta 2019, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere all’agevolazione, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione, alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero (c.d. AIRE) per fruire dell’agevolazione fiscale in esame sono stati forniti puntuali chiarimenti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame. In particolare, con la richiamata circolare, è stato precisato che con l’articolo 16, comma 3-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (di seguito, decreto Internazionalizzazione), come inserito dall’articolo 5, comma 1, lettera c), decreto Crescita, il legislatore ha introdotto un’estensione temporale del beneficio fiscale ad ulteriori cinque periodi di imposta, con tassazione nella misura del 50 per cento del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti quali, alternativamente:

  • l’avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo; oppure,
  • l’acquisto di un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà. Tale ultima ipotesi deve realizzarsi «successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento».

La percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato negli ulteriori cinque periodi d’imposta si riduce al 10 per cento se il soggetto ha almeno tre figli minorenni o a carico.

Con specifico riferimento al datore di lavoro non residente, come nel caso in esame, al paragrafo 7.5 della circolare n. 33/E del 2020 viene precisato che il citato articolo 16, come modificato dall’articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 34 del 2019, non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).

Stante quanto sinora esposto, si ritiene che l’Istante, laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla norma in esame, non oggetto di verifica in sede di interpello, potrà beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 – come modificato dall’articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni e integrazioni – per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia in modalità “smart working” a decorrere dal periodo d’imposta 2022, a condizione che trasferirà la residenza fiscale in Italia.

Qualora l’Istante dovesse acquisire in futuro anche gli ulteriori requisiti richiesti dalla norma potrà, altresì, fruire dell’estensione temporale del beneficio fiscale in esame ad ulteriori cinque periodi di imposta, secondo quanto previsto dal comma 3-bis del succitato articolo 16.

Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.