Con sentenza n. 6898/2024, la Corte di Cassazione ha affermato che può configurarsi un ricorso abusivo all’istituto della somministrazione di lavoro, laddove la reiterazione delle missioni presso lo stesso utilizzatore oltrepassi “il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea”.
Nel caso di specie erano state effettuate 800 missioni durante un arco temporale di 7 anni.
La Corte, pur concordando con il giudice di merito circa la decadenza dall’impugnativa dei licenziamenti avvenuta ben oltre il termine di 60 giorni, previsto dall’art. 32, comma 4, lettera d) della legge n. 183/2010, ha stabilito che il giudice può accertare l’abusiva reiterazione in quanto la vicenda contrattuale “può rilevare come antecedente storico, valutabile in via incidentale”. Dopo aver richiamato una serie di indirizzi giurisprudenziali italiani e comunitari, la Cassazione afferma che “missioni successive assegnate allo stesso lavoratore tramite Agenzia presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l’essenza stessa delle disposizioni della Direttiva n. 2008/104” in base alla quale “gli Stati membri adottano le misure necessarie per prevenire missioni successive con lo scoop di eludere le disposizioni della Direttiva”.
In assenza della fissazione, a livello generale, di una durata determinata delle missioni “spetta al giudice nazionale se una delle disposizioni della Direttiva venga aggirata”.