Con la circolare n. 44 del 2025 l’INPS ha fornito indicazioni in merito all’inquadramento previdenziale e contributivo dei content creator, macro categoria nella quale rientrano anche gli influencer.
Si analizzano poi diverse modalità di svolgimento e remunerazione, e i vari rapporti di lavoro che possono sorgere tra i DCC, le aziende e le agenzie intermediarie. Particolare attenzione è riservata alla figura del content creator che assurge alla “macro categoria” che ricomprende una serie complessa di attività.
All’interno di questa categoria di attività si annovera quella peculiare dell’influencer, ossia colui che in ragione della sua popolarità e del credito maturato nell’ambito della comunità degli utenti delle piattaforme è particolarmente idoneo a orientare opinioni e gusti del pubblico di riferimento. Lo sfruttamento commerciale della propria immagine e del seguito maturato si sostanzia prevalentemente nell’attività di promozione di beni o servizi, a fronte di denaro o altre utilità.
Sotto un diverso profilo, le attività dei content creator possono articolarsi in una moltitudine di professionalità flessibili, mutevoli e contraddistinte dal mezzo di diffusione utilizzato o dal tipo di contenuto realizzato, quali, a mero titolo esemplificativo, youtuber, streamer, podcaster, instagrammer, tiktoker, blogger, vlogger.
La circolare non intende creare un elenco rigido di figure professionali, viene sottolineato, ma piuttosto stabilire principi comuni per inquadrare le diverse attività. L’INPS ricorda poi come a fare data dal 1° gennaio 2025, è stato istituito il nuovo codice ATECO 73.11.03, relativo alle attività di influencer marketing e content creator.
La parte centrale del documento si concentra sulla disciplina previdenziale applicabile, affrontando l’inquadramento giuridico di queste professioni in mancanza di normative specifiche. L’INPS utilizza criteri già esistenti per definire il regime previdenziale appropriato, esaminando variabili chiave come le modalità di attività e l’organizzazione del lavoro.
Si chiarisce allora come qualora l’attività di un professionista del settore sia la risultante di più attività, nelle quali gli elementi organizzativi prevalgano su quelli personali, cioè si abbia l’utilizzo prevalente dei mezzi di produzione rispetto agli elementi personali, così come, ad esempio, la vendita di video o la gestione di banner pubblicitari, allora si tratta di un’attività economica che rientra nel settore commerciale/terziario, con obbligo di svolgimento in forma di impresa e conseguente iscrizione alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) con attribuzione del corrispondente codice ATECO da cui deriva l’obbligo di iscrizione alla gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali.
Il regime di impresa, sia in forma individuale che societaria, determina l’obbligo contributivo presso la gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali, mentre gli ulteriori redditi possono essere eventualmente ricondotti nei regimi previdenziali indicati per il lavoro autonomo.
All’interno del TUIR non si rinviene una specifica categoria di reddito o una specifica individuazione delle attività esercitate dai content creator che consenta di definire il trattamento fiscale da applicare ai redditi prodotti a seguito dell’esercizio di tali attività, prosegue l’INPS. Pertanto, si può stabilire che i compensi percepiti da tale figura, nelle sue molteplici professionalità, devono rientrare, tranne se l’esercizio dell’attività svolta sia posta in essere e organizzata in forma di impresa, nella categoria dei redditi di lavoro autonomo se attività esercitata abitualmente, comprese le attività che generano reddito sfruttando l’immagine del professionista.
Sotto il profilo previdenziale, quindi, laddove l’attività posta in essere assuma le caratteristiche della prestazione di servizi attraverso un lavoro senza vincoli di subordinazione o parasubordinazione, con prevalenza di attività personale e intellettuale, e al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, e pertanto sia qualificabile come prestazione libero professionale, resta fermo l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS.
Se l’attività svolta dalle figure professionali oggetto della circolare presenti caratteristiche riconducibili a prestazioni artistiche, culturali e di intrattenimento, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, sorge l’obbligo assicurativo al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo (FPLS); ciò anche nel caso in cui la suddetta attività sia posta in essere per la realizzazione di finalità commerciali, promozionali o informative.