D.lgs._81_2015_modifiche_al_2022
Decreto_Lgs._276_2003_aggiornamenti_al_7_2022
Decreto trasparenza – Informazioni più ampie e dettagliate a dipendenti e collaboratori in fase di assunzione
ELEMENTI GIÀ PREVISTI E NUOVI ELEMENTI DA AGGIUNGERE AL CONTRATTO
Identità parti
Identità codatore di lavoro
Luogo di lavoro
Possibilità di indicare che il lavoratore è libero di determinare il proprio luogo di lavoro
Durata del rapporto di lavoro
In caso di rapporti a termine, la durata dello stesso
Inquadramento
La descrizione delle caratteristiche opera in via alternativa alla comunicazione degli altri dati
Retribuzione dettaglio
Modalità pagamento della retribuzione
Ferie: 1 Modalità di determinazione e fruizione sono da indicare se il dato della loro durata non può essere inserito all’atto dell’informativa; 2 durata degli altri congedi
cui ha diritto il lavoratore e indicazione delle modalità di determinazione e di fruizione se questo dato non può essere indicato all’atto dell’informativa
Preavviso
Forme del licenziamento e delle dimissioni
Orario di lavoro: 1 Se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario in tutto o in gran parte prevedibile, la programmazione dell’orario normale e le eventuali condizioni relative allo straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno; 2 se il contratto di lavoro prevede n’organizzazione
dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte o interamente imprevedibili:
– variabilità della programmazione del lavoro,
– ammontare minimo ore retribuite garantite,
– retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite,
– ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative,
– periodo minimo di preavviso prima dell’inizio della prestazione e, ove non sia possibile e sia stato pattuito, termine entro cui il datore può annullare la chiamata
in servizio
INFORMAZIONI COMPLETAMENTE NUOVE DA FORNIRE
1 Ccnl applicato, con indicazione parti stipulanti;
2 Contratto collettivo aziendale con indicazione parti stipulanti;
3 Enti e istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore;
4 Diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
5 Nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, l’identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena sia nota;
6 In caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati:
– aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei sistemi, O scopi e finalità,
– logica e funzionamento,
– categorie di dati,
– parametri utilizzati per programmare o addestrare i sistemi, inclusi meccanismi valutazione prestazioni,
– misure di controllo per le decisioni automatizzate,
– eventuali processi di correzione,
– responsabile del sistema di gestione della qualità,
– livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza sistemi,
– metriche utilizzate per misurare tali parametri,
– impatti potenzialmente discriminatori delle metriche
L’assunzione Il periodo di prova non potrà prolungarsi oltre i sei mesi
Sulla durata massima l’articolo 7 dello schema di Dlgs stabilisce che, quando le parti prevedono nel contratto un periodo di prova, esso non può avere una durata superiore a 6 mesi. I contratti collettivi – la legge non specifica altro, quindi presumibilmente il riferimento può estendersi tanto a quelli nazionali, quanto a quelli territoriali o aziendali. Il comma 2 dell’articolo 7 interviene sul patto di prova nei rapporti a termine, fattispecie che sembra riferirsi anche al lavoro in somministrazione, considerata l’unicità della disciplina che si applica nel rapporto tra lavoratore e datore di lavoro. La norma stabilisce – consolidando un concetto di matrice giurisprudenziale – che
nell’ambito di tali contratti il periodo di prova deve essere stabilito «in misura proporzionale» a due elementi: la durata del contratto e le mansioni da svolgere rispetto all’impiego affidato. Il concetto di proporzionalità non viene ulteriormente declinato e si presta quindi a possibili incertezze interpretative: sarà importante un intervento esplicativo dei contratti collettivi per evitare che una norma del genere diventi l’ennesimo focolaio di contenzioso. Lo stesso comma 2 precisa un concetto che era già implicito nella normativa e nella giurisprudenza: se il rapporto a termine viene rinnovato per svolgere le stesse mansioni, il nuovo contratto non può essere soggetto a un ulteriore periodo di prova.
Possibile chiedere condizioni stabili e prevedibili
L’articolo 10 dello schema di decreto Trasparenza introduce una procedura dai contorni incerti per lo stesso legislatore – viene definita come di “transizione” verso forme di lavoro «più prevedibili, sicure e stabili» – che sembra destinata a generare molte illusioni e conflitti e pochi posti di lavoro di qualità. Secondo il comma 1 dell’articolo, chi matura almeno sei mesi di anzianità lavorativa presso lo stesso datore o committente (riferimento, questo, che lascia intendere l’estensione della procedura ai collaboratori coordinati e continuativi) diventa titolare di una sorta di “diritto di candidatura”: tale lavoratore, infatti, «può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili».
Rapporto di lavoro Seconda occupazione lecita anche per gli assunti a tempo pieno.
Lo schema di decreto legislativo Trasparenza, all’articolo, 8 fissa il principio per cui il datore non può vietare ai dipendenti di svolgere un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario programmato nel contratto. Né il datore può riservare ai lavoratori un trattamento meno favorevole in ragione del fatto che essi hanno intrapreso un secondo
incarico estraneo al rapporto di lavoro principale. La condizione essenziale è, ovviamente, che l’ulteriore attività non si sovrapponga agli obblighi che discendono dal primo contratto di lavoro, ragion per cui non si potrà condurre un secondo incarico che si collochi, anche solo parzialmente, nella fascia oraria deputata alle mansioni del rapporto di lavoro principale.
L’orario variabile va comunicato con anticipo
Lo schema di decreto stabilisce che, in assenza di un orario normale programmato, il lavoratore debba essere previamente informato sulla distribuzione delle ore e delle giornate in cui è richiesta la prestazione. Il datore deve, inoltre, comunicare in anticipo il periodo minimo di preavviso prima che abbia inizio la prestazione e il termine entro cui potrà essere annullato l’incarico rispetto alla data prevista di inizio. Il testo definisce il rapporto di lavoro in cui non è prevista una programmazione dell’orario normale come «caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili». È a questo segmento del lavoro subordinato e delle collaborazioni
coordinate e continuative (incluse quelle etero-organizzate e prevalentemente personali) che si rivolge la parte del Dlgs sulla prevedibilità minima del lavoro.
La fattispecie chiamata in causa sembrerebbe il contratto intermittente, la cui disciplina (articoli 13 e seguenti del Dlgs 81/2015) già prevede un preavviso di chiamata (minimo un giorno) e rinvia ai contratti collettivi per l’individuazione delle esigenze che ne consentono l’utilizzo anche rispetto alla possibilità di rendere la prestazione (discontinua) in periodi predeterminati. Il senso della disposizione è che, anche rispetto alle tipologie contrattuali in cui l’organizzazione del lavoro contiene elementi di imprevedibilità, il lavoratore potrà rifiutare la prestazione senza la preventiva indicazione dei turni e delle giornate di lavoro e un ragionevole periodo di preavviso.
Licenziamenti Il legislatore ribadisce: motivi del recesso in forma scritta
L’articolo 14 dello schema di decreto legislativo Trasparenza, recependo quanto previsto all’articolo 18 della direttiva Ue 2019/1152, dispone che è vietato estromettere il lavoratore per aver esercitato le prerogative contenute nel decreto medesimo e che egli ha il diritto di richiedere al datore di lavoro (ovvero al committente) i motivi che hanno determinato la cessazione del rapporto: norma, questa, che potrebbe risultare di dubbia utilità, visti gli elevati standard di protezione che il nostro ordinamento già accorda ai dipendenti.
Paternità Il congedo obbligatorio diventa fruibile anche prima della nascita
Le modifiche apportate al testo unico della maternità, il decreto legislativo 151/2001, a opera dello schema di Dlgs Equilibrio tra attività professionale e vita familiare, si propongono di rafforzare il tema della parità di genere, formalizzando e ampliando le tutele del genitore padre, al fine di equiparare i diritti alla genitorialità e conseguire la condivisione delle responsabilità di cura della famiglia. Nuove regole L’articolo 2 dello schema di Dlgs inserisce nel testo unico il congedo obbligatorio in favore del padre, introdotto sperimentalmente dal 2013 dalla riforma Fornero (articolo 4, comma 24, della legge 92/2012) e poi prorogato fino al 2022 dalle leggi di Bilancio 2017 e 2021, con una durata progressivamente aumentata fino a 10 giorni. La nuova lettera a-bis del comma 1 dell’articolo 2 del Dlgs 151/2001 lo definisce “congedo di paternità obbligatorio” in quanto attribuito al padre come diritto autonomo non derivato dalla madre, disciplinato dal neo inserito articolo 27-bis, nonché dagli articoli da 29 a 31-
bis. Il 27-bis ne estende l’uso, prevedendo che possa essere fruito a partire dal secondo mese precedente la data presunta Paternità Il congedo obbligatorio diventa fruibile anche prima della nascita del parto e fino ai 5 mesi successivi, mentre la precedente disciplina ne consentiva la fruizione solo dopo la nascita del figlio. Viene confermata la durata pari a 10 giorni lavorativi, anche non continuativi, ma non frazionabili a ore, utilizzabili anche in caso di morte perinatale del figlio (cioè dalla 28° settimana di gestazione fino ai primi 10 giorni dalla nascita, come precisato dall’Inps nella circolare 42/2021). Innovativa è invece la previsione che innalza la durata a 20 giorni, forfettariamente determinata, in caso di parto plurimo. Come nel passato, il congedo obbligatorio del padre, anche adottivo o affidatario, è compatibile con la contemporanea fruizione del congedo di maternità della madre ed è utilizzabile dal padre che si avvale del congedo di paternità alternativo (ex congedo di paternità – articolo 28 del testo unico, spettante in caso di assenza fisica o giuridica della madre). È stato ridotto da 15 a 5 giorni il termine di preavviso minimo entro cui il lavoratore deve comunicare al datore di lavoro i giorni in cui intende assentarsi, salvo termine più favorevole previsto dalla contrattazione collettiva, con forma scritta o attraverso l’utilizzo del sistema informativo aziendale in uso per la gestione delle assenze e delle relative richieste. Il trattamento economico e normativo, originariamente disciplinato dagli abrogati articoli 1-3 del decreto 22 dicembre 2012 del ministero del Lavoro, è stato recepito dal comma 1 del riscritto articolo 29 del Dlgs 151/2001, che conferma la misura dell’indennità pari al 100% della retribuzione giornaliera, nonché l’applicazione di tutte le regole previste, per il congedo di maternità, dall’articolo 22, commi 2-7, e dall’articolo 23 del Dlgs 151/2001
Vietato licenziare il papà che si assenta
Si allarga la platea dei lavoratori che non possono essere licenziati se genitori di un bambino di età non superiore a un anno. A partire dalla entrata in vigore del decreto legislativo ….., infatti, la tutela che riguardava quasi esclusivamente la madre, riguarderà anche la quasi totalità dei padri. Il divieto di licenziamento, introdotto dalla legge 860/1950 e confermato dalla legge 1204/1971, riguardava inizialmente solo le madri e operava dalla data del concepimento al compimento di un anno di vita del bambino. Il decreto legislativo 151/2001 introdusse una forma di tutela per i padri, ma solo in caso di fruizione del congedo di paternità previsto dall’articolo 28 dello stesso decreto legislativo, cioè quello che adesso viene definito “congedo alternativo” perché utilizzabile solo in caso di «morte o grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre». Ora si estende il divieto di licenziamento a fronte della fruizione del congedo di paternità, del nuovo articolo 27-bis del Dlgs 151/2001 e cioè quello obbligatorio. In quanto obbligatorio, è verosimile ritenere che sarà fruito dalla quasi totalità dei neo papà, con la conseguenza che non potranno essere licenziati fino al compimento di un anno di vita del bambino. Con riferimento alla decorrenza la norma stabilisce infatti che «si applica per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino». Letteralmente potrebbe voler dire che inizia a decorrere dal
momento in cui il lavoratore ne inizia a fruire ( durata del congedo) e poi si estende fino al compimento di un anno di vita del figlio anche perché il divieto trae origine dalla fruizione del congedo stesso . Il comma 7 dell’articolo 54 del Dlgs 151/2001 stabilisce che, con riferimento al divieto di licenziamento del padre, si applicano i commi 3,4,5 dello stesso articolo e cioè: O il licenziamento è consentito solo in caso di colpa grave (per giusta casa) , di cessazione dell’attività della azienda, di scadenza del contratto a termine e di esito negativo della prova; O è vietato sospendere il lavoratore, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto, sempreché il
reparto abbia autonomia funzionale; O il licenziamento è nullo se effettuato in violazione delle disposizioni dello stesso articolo 54
Indennizzo del congedo parentale più lungo e di importo maggiore
Lo schema di Dlgs Equilibrio ritocca la disciplina del congedo parentale, al fine di estendere le tutele in favore dei nuclei familiari, soprattutto di quelli monoparentali, a cui sono assimilate le situazioni familiari di affidamento esclusivo a un solo genitore. A questi ultimi è infatti riservato l’ampliamento da 10 a 11 mesi della durata nell’astensione. In caso di affidamento esclusivo, l’altro genitore perde il diritto al residuo congedo. È stato altresì ridefinito il trattamento economico del congedo parentale disciplinato dall’articolo 34 del testo unico (Dlgs 151/2001). In primo luogo il diritto all’indennità, pari al 30% della retribuzione, è stato esteso dal sesto anno (ottavo per gli ulteriori periodi in presenza di redditi bassi) fino al dodicesimo anno di vita del bambino, equiparando in tal modo la scadenza della tutela economica a quella della tutela giuridica dell’assenza. Il nuovo calcolo Il riscritto comma 1 dell’articolo 34 allunga il periodo indennizzato al 30% da 6 a 9 mesi complessivi, fruibili da entrambi i genitori congiuntamente, frazionati in tre mesi per ciascuno non trasferibili reciprocamente, a cui si aggiungono ulteriori tre mesi fruibili in alternativa tra
loro. Anche il genitore solo, o con affidamento esclusivo, beneficia di questa estensione, avendo diritto a un congedo indennizzato fino a 9 mesi (contro i precedenti 6).
Sono state modificate le modalità di calcolo dell’indennità, in quanto il nuovo comma 1 dell’articolo 34 rinvia integralmente ai criteri dell’articolo 23 dedicato al trattamento economico del congedo di maternità (applicabili anche al neo denominato congedo di paternità alternativo), non escludendo più l’applicazione del comma 2 della medesima norma. Questo vuol dire che l’indennità del 30% deve essere calcolata oltre che sulla retribuzione media giornaliera anche sul rateo giornaliero delle mensilità aggiuntive, in precedenza escluso dal conteggio. Ne deriva che le basi di calcolo dell’indennità del congedo di maternità/paternità alternativo e del congedo parentale saranno perfettamente coincidenti. L’indennizzo al 30% e le medesime modalità di calcolo sono confermate dal riscritto comma 2 dell’articolo 34 anche per il periodo di prolungamento del congedo parentale fino a tre anni per assistere il figlio minore portatore di handicap grave, disciplinato dall’articolo 33 sempre del Dlgs 151/2001. Infine viene modificato il comma 5 dell’articolo 34, secondo cui il congedo parentale, oltre a essere utile ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio, a differenza del passato non comporta decurtazione di ferie, riposi e tredicesima mensilità. Questo vuol dire che durante il congedo parentale maturano sia le ferie che la tredicesima mensilità, mentre viene espressamente specificato che non maturano quegli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. È anomalo e probabilmente frutto di una svista il fatto che il congedo sia calcolato su tutti i ratei di mensilità aggiuntive ma contribuisca alla maturazione della tredicesima mensilità e non anche di quelle eventualmente ulteriori.
Congedo straordinario ai conviventi di fatto
L’articolo 2, lettera m), dello schema di Dlgs Equilibrio, che recepisce la direttiva Ue 2019/1158, aggiunge, quali soggetti beneficiari del congedo straordinario per l’assistenza a parenti affetti da disabilità grave (articolo 42 del Dlgs 151/2001), la parte di una unione civile e il convivente di fatto.
Condivisibili i tre giorni al mese da usare per assistere i disabili gravi
L’ articolo 3 dello schema
di Dlgs Equilibrio tra attività professionale e vita familiare cita espressamente la persona che fa parte di una unione civile e il convivente di fatto fra i soggetti che hanno diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito per assistere una persona con disabilità grave che non sia ricoverata a tempo pieno. Viene inoltre estesa a tutti i soggetti aventi diritto la possibilità che i permessi siano fruiti, con riferimento alla stessa persona assistita, da più persone, fermo restando il limite complessivo di tre giorni al mese. Finora solo i genitori potevano condividere i tre giorni di assenza. Il nuovo comma 3 dell’articolo 33 della legge 104/1992 identifica quindi nel lavoratore dipendente, pubblico o privato, che sia coniuge, parte di un’unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado, la persona che ha diritto a fruire, anche continuativamente, di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno. Il diritto può essere riconosciuto a parenti o affini di terzo grado quando manchino i genitori o il coniuge o le figure a questi equivalenti. Sempre l’articolo 3 dello schema di Dlgs Equilibrio recepisce espressamente lo spirito dell’articolo 11 della direttiva Ue 2019/1158, il quale richiede che l’ordinamento degli Stati membri vieti un trattamento meno favorevole dei lavoratori causato dalla domanda o dalla fruizione di alcuni istituti, tra i quali i congedi per i prestatori di assistenza. È pertanto introdotta una specifica tutela, anche giudiziaria, contro le discriminazioni a danno dei lavoratori che usufruiscano dei benefici o ne facciano domanda in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali vengano prestati assistenza e cura.
Ampliate le priorità per il lavoro agile
Cambiano i criteri di priorità nelle richieste di esecuzione del lavoro in modalità agile, con riferimento ai casi in cui il datore di lavoro (pubblico o privato) stipuli accordi individuali per l’applicazione di tale istituto. L’attuale regime riconosce la precedenza solo alle lavoratrici nei tre anni successivi al congedo obbligatorio di maternità e ai lavoratori e lavoratrici con un figlio in condizione di disabilità grave. Con le modifiche introdotte dall’articolo 4 dello schema di decreto legislativo Equilibrio, il criterio di priorità riguarda invece: O i dipendenti che fruiscono delle due ore di permesso giornaliero fino al terzo anno di vita del figlio disabile in situazione di gravità accertata o dei permessi per l’assistenza a una persona con disabilità in situazione di gravità accertata. Disposizioni più favorevoli potrebbero essere previste dalla contrattazione collettiva sia nel settore pubblico sia in quello privato; i datori che ostacolano l’esercizio di tali diritti non possono conseguire la certificazione della parità di genere; O i dipendenti aventi almeno un figlio di età non superiore a 12 anni o un figlio di qualsiasi età in condizione di disabilità grave. Nulla dice la norma in merito ma si può presumere che ciò valga anche in caso di adozione e di affidamento; O i dipendenti che rientrano nella nozione di caregiver familiare (articolo 1, comma 255, della legge 295/2017) vale a dire la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile o del convivente di fatto ai sensi della legge 76/2016, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ex articolo 3, comma 3, della legge 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento.
Tutele – A norma della lettera b) dell’articolo 4 dello schema di Dlgs, chi chiede di usufruire delle modalità di lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra modalità organizzativa avente effetti negativi sulle condizioni di lavoro e ogni misura adottata in violazione della norma va considerata nulla. Per la direttiva 2019/1158 (articoli 9 e 11), i datori di lavoro rispondono alle richieste di modalità di lavoro flessibili entro un periodo di tempo ragionevole alla luce sia delle proprie esigenze sia di quelle del lavoratore motivando l’eventuale rifiuto della richiesta o il rinvio
Parità di genere Rapporto sul personale esteso alle aziende da 50 dipendenti in su
Il rapporto biennale sulla situazione del personale, previsto dall’articolo 46 del Codice delle pari opportunità, presenta quest’anno significative novità a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 162/2021. Perimetro allargato Si amplia anzitutto il perimetro delle aziende che hanno l’obbligo di presentarlo, che oggi comprende tutte quelle sopra i 50 dipendenti. Il quadro sanzionatorio Non mancano ovviamente le sanzioni. Il mancato invio del rapporto (o l’invio incompleto o mendace) è sanzionato in via amministrativa, e il protrarsi dell’inottemperanza può determinare la sospensione per un anno dei benefici contributivi goduti. Non solo. Copia del
rapporto inviato deve essere prodotta, a pena di esclusione, nelle gare relative a contratti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con risorse del Pnrr. La certificazione della parità di genere (si veda a pagina 11) può portare alle aziende significativi vantaggi. In primo luogo è previsto per il 2022 un esonero dal versamento dei contributi
previdenziali a carico del datore di lavoro, con un massimo pari all’1% di quanto dovuto e con un limite di 50mila euro annui per società, riparametrato su base mensile. Le linee guida contengono specifici indicatori di performance (Kpi) attraverso i quali misurare il grado di maturità di un’organizzazione sotto il profilo della parità di genere, raggruppati in sei macroaree: cultura e strategia, opportunità di crescita neutrali per genere, governance, processi Hr, tutela della genitorialità e conciliazione vita lavoro, equità remunerativa per genere. A ogni Kpi è associato un punteggio. La certificazione della parità di genere, una volta che è stata ottenuta, non viene acquisita per sempre. Le stesse linee guida Uni stabiliscono che ogni due anni la certificazione sia rivalutata e rinnovata, ma solo se sui gap rilevati sono stati messi in atto piani di mitigazione e miglioramento. Del resto, sono sempre le linee guida a prevedere, tra i requisiti della politica globale di parità di genere (la cui adozione è necessaria per conseguire la certificazione), l’attuazione di un sistema di audit interno che verifichi la reale ed efficace applicazione della politica e delle direttive aziendali sulla parità di genere, registri l’andamento degli indicatori quantitativi (Kpi), aggiorni procedure e documenti e segnali eventuali non conformità e deviazioni
Riordino ammortizzatori Apprendisti non professionalizzanti e lavoratori a domicilio in Cassa
nuovo impianto contributivo derivante dal riordino della disciplina in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, attuato per mezzo della legge di
bilancio 2022, integrata dal Dl 4/2022 e illustrato dall’Inps con la circolare 76/2022 e con il messaggio 2637/2022. Per il completamento delle operazioni potranno essere utilizzati i flussi uniemens di luglio, agosto e settembre 2022. Imprese industriali L’impatto del riordino, per quanto complessivamente molto significativo, non coinvolge tutti i settori allo stesso modo. Per le imprese industriali, solo marginalmente interessate dalle novità, si tratterà di regolarizzare solamente le figure degli apprendisti non professionalizzanti e dei lavoratori a domicilio, se alle dipendenze delle aziende. Entrambe le categorie, dal 1° gennaio 2022, sono state, infatti, ricomprese nel sistema
di tutele della cassa integrazione, cui erano precedentemente escluse. Per gli apprendisti con contratto professionalizzante, invece, le imprese induRiordino mmortizzatori
Apprendisti non professionalizzanti e lavoratori a domicilio in Cassa striali destinatarie sia della Cigo che della Cigs dovranno adeguare la contribuzione per la Cigs, atteso il venir meno, dal 1° gennaio 2022, della specifica previsione selettiva contenuta nel Dlgs 148/2015 in forza della quale – fino allo scorso anno – gli apprendisti con contratto professionalizzante erano destinatari solamente di uno tra Cigo o Cigs, a seconda della natura e delle caratteristiche del datore di lavoro. Nessuna variazione, invece, sul fronte della contribuzione di finanziamento di Cigo e Cigs, il cui assetto è rimasto inalterato. Immutate anche le misure del contributo addizionale, dovuto in
relazione all’uso di Cigo e Cigs e che la legge modula secondo una logica incrementale (9%; 12%; 15% della «retribuzione persa»), in funzione dell’effettivo utilizzo degli ammortizzatori sociali nel quinquennio mobile. Imprese artigiane Sostanzialmente statica la situazione delle imprese artigiane; fanno eccezione solamente le cosiddette «imprese dell’indotto» che, da «gennaio 2022», escono dall’orbita Cigs per essere completamente attratte dalle tutele del Fondo di solidarietà bilaterale alternativo di settore (Fsba) anche per le causali straordinarie.