Con Circolare n. 6 del 27.03.2025 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha illustrato le principali disposizioni introdotte dalla L. 203/2024 (Collegato Lavoro).

Tra gli interventi attuati, il provvedimento si sofferma anche sulle regole che disciplinano le c.d. dimissioni per fatti concludenti, previste dal nuovo comma 7-bis dell’articolo 26, D.Lgs. 151/2015, introdotto dalla legge in commento. Dal 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore del Collegato Lavoro, l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal Ccnl applicato al rapporto lavorativo ovvero, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, può condurre alla risoluzione del rapporto di lavoro. Per realizzare l’effetto risolutivo, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione alla sede territoriale dell’INL, che può verificarne la veridicità.

I chiarimenti diramati dal Ministero consentono di chiarire alcune perplessità sollevate nel primo periodo di vigenza della norma. Di seguito si elencano gli aspetti di maggior interesse:

  • durata dell’assenza: viene precisato che, in assenza di diverse disposizioni del Ccnl, i giorni sono da intendersi di calendario e il datore di lavoro potrà inviare la comunicazione all’ITL a partire dal sedicesimo giorno, fermo restando che potrebbe decidere di farlo anche in un momento successivo;
  • termine previsto dal Ccnl: il termine previsto dal Ccnl trova applicazione solo se superiore a quello normativamente fissato (15 giorni), in ossequio al generale principio di derogabilità in melius per il lavoratore (se il Ccnl prevede un termine inferiore si applicherà quello legale);
  • ITL a cui inviare la comunicazione: la sede territoriale dell’Ispettorato a cui inviare la comunicazione dev’essere individuata in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro;
  • comunicazione al lavoratore: il datore deve indicare tutti i contatti e i recapiti forniti dal lavoratore e trasmettere la comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale, anche al lavoratore, per consentirgli di agire a tutela dei propri diritti (articolo 24, Costituzione);
  • comunicazione obbligatoria di cessazione: la comunicazione all’ITL opera quale dies a quo per il decorso dei 5 giorni previsti per trasmettere la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto lavorativo. La cessazione avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà essere antecedente alla data della comunicazione trasmessa all’Ispettorato;
  • licenziamento disciplinare: le conseguenze disciplinari previste dal Ccnl, derivanti da un’assenza ingiustificata protratta nel tempo, di durata variabile, anche inferiore ai 15 giorni previsti dal Collegato Lavoro, rilevano solo ai fini dell’attivazione della procedura di licenziamento di cui all’articolo 7, L. 300/1970, e non sono efficaci ai fini delle dimissioni di fatto. Tuttavia, la contrattazione collettiva può disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso (più favorevole) per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto;
  • inefficacia della CO: la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti viene resa inefficace se il datore di lavoro riceve successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni (anche per giusta causa);
  • mancato preavviso: a seguito della cessazione del rapporto, il datore può trattenere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.

Per evitare la risoluzione del rapporto, il lavoratore deve fornire la prova dell’impossibilità di comunicare le motivazioni dell’assenza al datore di lavoro (ad esempio, perché ricoverato in ospedale) ovvero la circostanza di averli comunicati; il datore può rispondere anche penalmente per falsità delle comunicazioni rese all’Ispettorato territoriale.

Infine, il Ministero sottolinea che la disposizione in esame non si applica ai casi previsti dall’articolo 55, D.Lgs. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria della risoluzione consensuale del rapporto per le lavoratrici in gravidanza e per lavoratrici e lavoratori nei primi 3 anni di vita/accoglienza del minore.

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