I lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, godono di alcuni periodi collegati alla nascita dei figli in cui è possibile astenersi dal lavoro godendo pero di una indennità economica garantita di norma dall’INPS. Vediamo le principali misure previste per la tutela della genitorialità.
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alla lavoratrice madre durante il periodo di gravidanza e puerperio .
Durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro la lavoratrice percepisce un’indennità economica in sostituzione della retribuzione. Il diritto al congedo ed alla relativa indennità spettano anche in caso di adozione o affidamento di minori.
In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità, il diritto all’astensione dal lavoro ed alla relativa indennità spettano al padre (congedo di paternità).
A CHI SPETTA il congedo di maternità retribuito:
- alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
- alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
- il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro,
- il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso;
- alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.);
- alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.);
- alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.);
- alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.).
- lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l’aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa;
A questi soggetti spetta di norma :
a) prima del parto
- i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità ) e il giorno del parto;
- i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili).
b) dopo il parto
- i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva;
- In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche qualora la somma dei 3 mesi di post partum e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto ed la data presunta del parto, superi il limite complessivo di cinque mesi;
- • i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).
Con la legge di bilancio 2019 il congedo per le neomamme è cambiato nel senso che è data la scelta alla madre di spostare in avanti il periodo utilizzandolo tutto dopo il parto. Infatti, chi vorrà (con via libera del medico) potrà rimanere al lavoro fino al nono mese, portandosi “in dote” l’intero periodo di astensione di 5 mesi a dopo il parto.
In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.
In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre può sospendere, in tutto o in parte, il congedo post partum (art. 16 bis comma 1 T.U. ), riprendendo nel frattempo l’attività lavorativa e differendo la fruizione del periodo di congedo residuo a partire dalla data di dimissioni del bambino. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio subordinatamente alla sussistenza della compatibilità della ripresa dell’attività lavorativa con il proprio stato di salute (comma 2 dell’art. 16 bis T.U.). Tale compatibilità, per espressa disposizione normativa, è comprovata da “attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa”.
In caso di interruzione di gravidanza che si verifica dopo i 180 giorni dall’inizio della gestazione (180simo giorno incluso), nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità salvo che la stessa non si avvalga della facoltà di riprendere l’attività lavorativa (art. 16, comma 1 bis, del T.U. modificato dal D.lgs. 119/2011), qualora l’interruzione avvenisse prima del 180 giorno, si tratta di malattia e deve essere certificata scasò medico di base.
In caso di adozione o affidamento nazionale di minore di cui alla legge 184/1983 il congedo di maternità spetta per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o affidato preadottivamente nonché per il giorno dell’ingresso stesso .
Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali di cui alla legge 184/1983 il congedo spetta per i 5 mesi successivi all’ingresso in Italia del minore adottato o affidato nonché per il giorno dell’ingresso in Italia. Fermo restando il periodo complessivo di 5 mesi, il periodo di congedo può essere fruito, anche parzialmente, prima dell’ingresso in Italia del minore. Il periodo di congedo non fruito antecedentemente all’ingresso in Italia del minore, è fruito, anche frazionatamente, entro i 5 mesi dal giorno successivo all’ingresso medesimo. I periodi di permanenza all’estero, seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia, possono essere indennizzati a titolo di congedo di maternità. Per i periodi di permanenza all’estero è previsto anche un congedo non retribuito, né indennizzato (art. 26, comma 4, T.U. maternità/paternità).
In caso di affidamento non preadottivo di cui alla legge 184/1983 il congedo spetta per un periodo di 3 mesi da fruire, anche in modo frazionato, entro l’arco temporale di 5 mesi dalla data di affidamento del minore.
1) Congedi di paternità obbligatori e facoltativi
CONGEDO DI PATERNITA’ IN SOSTITUZIONE DELLA MADRE
L’art. 28 del D.lgs. 151/2001, riconosce il congedo di paternità, ossia il diritto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla madre lavoratrice, ma solo nei seguenti casi:
- morte o grave infermità della madre. La morte della madre dev’essere attestata mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica; la certificazione sanitaria comprovante la grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’Inps, allo sportello oppure a mezzo raccomandata postale;
- abbandono del figlio da parte della madre. L’abbandono (o mancato riconoscimento del neonato) da parte della madre dev’essere attestato mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica;
- affidamento esclusivo del figlio al padre (art. 155 bis cod. civ.). L’affidamento esclusivo può essere comprovato allegando alla domanda telematica copia del provvedimento giudiziario con il quale l’affidamento esclusivo è stato disposto oppure comunicando gli estremi del provvedimento giudiziario ed il tribunale che lo ha emesso;
- rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità alla stessa spettante in caso di adozione o affidamento di minori. La rinuncia è attestata dal richiedente mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica.
Il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi suindicati (morte, grave infermità e così via), coincide temporalmente con il periodo di congedo di maternità non fruito dalla lavoratrice madre, anche nel caso di madre lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità prevista dall’art.66 T.U. In caso di madre non lavoratrice, il congedo di paternità termina al terzo mese dopo il parto.
In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, in tutto o in parte, fino alla data di dimissioni del bambino.
Retribuzione spettante:
Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga scaduto immediatamente precedente l’inizio del congedo di maternità quindi, di regola, sulla base dell’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (art. 22 e seguenti del T.U.).
CONGEDO OBBLIGATORIO E CONGEDO FACOLTATIVO PER I PADRI
Il congedo obbligatorio retribuito per i padri lavoratori dipendenti era stato istituito dalla legge Fornero del 2012, per un solo giorno e poi portato a due giorni dalla legge di stabilità 2015 per il 2016 e 2017. La finalità della norma era contribuire alla promozione di una “cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.
La stessa legge aveva anche istituito il congedo facoltativo, in alternativa a uno dei giorni di congedo materno, su libera scelta dei genitori.
La legge di bilancio 2019 ha esteso la misura: per le nascite che avvengono nel 2019 i padri hanno diritto a 5 giorni di congedo obbligatorio e sempre 1 giorno di astensione facoltativa.
(NDR Per le nascite avvenute nel 2020 i giorni di congedo obbligatorio sono diventati 7 ).
Dal 2021 il congedo obbligatorio passa a 10 giorni retribuiti. Si applica alle nascite-adozioni che si verificano dal 1.1 al 31.12.2021, vedi la recente circolare INPS n. 42 del 11.3.2021 , e le specifiche in caso di morte del figlio.
Per i giorni di astensione dal lavoro i padri lavoratori godono della retribuzione piena, erogata dall’INPS, ma anticipata dai datori di lavoro.
Il congedo di paternità obbligatorio puo’ essere effettuato anche in concomitanza con l’assenza della madre e quindi si aggiunge al congedo di maternità.
Quello facoltativo invece si fruisce in alternativa ad uno dei giorni di astensione della madre.
Hanno diritto al congedo di paternità anche i lavoratori in cassa integrazione e in mobilità.
Sono esclusi i lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione.
2) Congedo Parentale
Il congedo parentale non va confuso con il congedo di maternità/paternità, infatti esso si traduce in periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.
Il congedo parentale è rivolto a lavoratrici e lavoratori dipendenti, ma non ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, ai genitori lavoratori a domicilio.
Il congedo parentale spetta ai genitori naturali e adottivi che siano in costanza di rapporto di lavoro, entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi. I mesi salgono a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Tale periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Se il rapporto di lavoro cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dalla data di interruzione del lavoro.
Tale diritto spetta:
- alla madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi;
- al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi, che possono diventare 7 in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno 3 mesi;
- al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto) e anche se la stessa non lavora;
- al genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo 10 mesi.
Ai lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, il congedo parentale spetta con le stesse modalità dei genitori naturali, quindi entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e non oltre il compimento della maggiore età.
La legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha introdotto la possibilità di frazionare a ore il congedo parentale, rinviando tuttavia alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione.
Il decreto legislativo 25 giugno 2015, n. 81, ha previsto infine la possibilità di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale, al posto del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante. La riduzione dell’orario non deve però superare il 50%.
Ai genitori lavoratori dipendenti spetta:
- un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo, entro i primi 6 anni di etàdel bambino(o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) e per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di sei mesi;
- un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi;
- nessuna indennità dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).
La domanda va inoltrata prima dell’inizio del periodo richiesto. Se viene presentata dopo saranno pagati solo i giorni di congedo successivi alla data di presentazione della domanda. Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, tranne per gli operai agricoli a tempo determinato, i lavoratori stagionali a termine e i lavoratori dello spettacolo a tempo determinato, per i quali è previsto il pagamento diretto dall’INPS, così come per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata e per le lavoratrici autonome.
Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile.