L’Ape, acronimo che sta per Anticipo pensionistico è il progetto sperimentale che consente dal 1° maggio 2017 e sino al 31 dicembre 2018, a chi ha raggiunto almeno i 63 anni di età di ritirarsi in anticipo per raggiungere la pensione. Contenuto nella legge di bilancio per il 2017 (art. 1, co. 166 e ss. della legge 232/2016) l’operazione coinvolge i lavoratori dipendenti, autonomi assicurati presso le gestioni speciali (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) o presso la gestione separata dell’Inps.
L’operazione è realizzata attraverso due strumenti:
– con l’APE volontario, attuato tramite prestiti da parte di banche e assicurazioni erogati però attraverso l’Inps, che dovranno poi essere restituiti con rate di ammortamento costanti dagli interessati, una volta conseguita la pensione, per i successivi venti anni, con i relativi interessi;
– l’APE sociale che consiste in un sussidio erogato dallo Stato rivolto ai lavoratori meritevoli di una particolare tutela.
La differenza tra i due strumenti risiede principalmente nella circostanza che con l’APE sociale, essendo un sussidio pubblico, il percettore non incorrerà in alcun effetto negativo sulla pensione, mentre con l’APE volontario l’interessato dovrà subire una riduzione della pensione a seconda dell’anticipo richiesto all’intermediario finanziario che ha concesso il prestito.
D’altro canto la natura diversa si riverbera anche sulle platee a cui i due strumenti sono rivolti: l’APE sociale è un intervento di natura selettiva riservatoa quattro categorie di lavoratori che versano in particolari condizioni meritevoli di attenzione da parte dell’ordinamento con la presenza, peraltro, di un tetto massimo all’importo che potrà essere erogato (pari a 1.500 euro) mentre l’Ape Volontario, essendo finanziato con criteri di mercato, è rivolto potenzialmente a tutti i lavoratori.
In definitiva la platea degli aventi diritto all’APE sociale è più ristretta rispetto all’APE volontario e prevede una serie di vincoli e condizioni aggiuntive quali, ad esempio, la necessità di un requisito contributivo superiore (30 o 36 anni contro i 20 anni chiesti per l’APE volontario) oltre ad un regime di incompatibilità, previsto per i percettori di APE sociale, con attività lavorative di qualsiasi natura o la fruizione di strumenti di sostegno al reddito. Per ulteriori dettagli sul funzionamento delle due misure: APE volontario, APE sociale.
APE ed Imprese e Rendita Integrativa
Nel mix degli strumenti offerti al lavoratore e alle imprese per agevolare il pensionamento la legge di bilancio prevede anche la possibilità per il datore di lavoro, in caso di accordo tra le parti, di sostenere i costi dell’APE volontario attraverso il versamento all’INPS di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro, in presenza di accordi collettivi anche attraverso appositi fondi bilaterali in essere o appositamente creati, in modo da produrre un aumento della pensione tale da compensare gli oneri relativi alla concessione dell’APE.
Da segnalare, infine, un’altra misura anch’essa in via sperimentale contenuta nella legge di bilancio: la possibilità, per il lavoratore che abbia aderito a forme di previdenza complementare, di chiedere la RITA, ovvero la rendita integrativa temporanea anticipata, in presenza delle medesime condizioni previste per l’APE. La Rita, in sostanza, consentirà all’interessato di riscuotere in misura a sua scelta il capitale accumulato nel fondo di previdenza integrativa sino al raggiungimento della pensione nel regime obbligatorio mantenendo i vantaggi fiscali previsti per tali prestazioni.