Da gennaio partirà la “rivoluzione” dell’Assegno unico familiare. L’assegno familiare e le detrazioni fiscali non saranno più in busta paga ma arriveranno dall’Inps e saranno destinati a tutti: non solo ai lavoratori dipendenti ma anche agli autonomi e alle Partite Iva.
Questo porterà ad una una serie di problemi, il primo fra tutti, e più evidente, e che tutte le aziende che in qualche modo impropriamente hanno concordato con alcuni lavoratori retribuzioni mensili nette dette anche “netto garantito” o “patto di netto” si troveranno in grande difficoltà dovendo decidere ed affrontare con ogni lavoratore una spiegazione di come mai il netto pattuito NON sarà più lo stesso, ma si rischierà comunque che ancorché l’assegno unico potrebbe coprire quelle quote non percepite gli importi potrebbero essere diversi.
Si passerà da un regime in cui gli assegni familiari venivano erogati dal datore di lavoro direttamente in busta paga (dunque solo ai lavoratori dipendenti) a un meccanismo in cui i soldi verranno dati dall’Inps a tutti i nuclei familiari con figli sotto i 21 anni.
La riforma riguarderà le buste paga dei dipendenti, su cui i sostituti di imposta ogni mese applicano le detrazioni fiscali per i figli a carico, integrate con gli assegni al nucleo familiare (Anf), misure entrambe destinate ad essere sostituite dal nuovo assegno nel 2022. Basta fare un esempio per capire la portata del cambiamento: un genitore a tempo indeterminato con reddito superiore a quello del coniuge, due figli minori di cui uno con meno di tre anni (reddito da lavoro dipendente 22.750 euro, reddito familiare 40.700 euro), potrebbe trovarsi a fine gennaio una busta paga più leggera di circa 293 euro a causa dell’eliminazione di circa 143 euro di detrazioni al 100% per i due figli a carico e 75 euro di Anf, maggiorati di altrettanti 75 circa per effetto del decreto ponte 79/2021″.
La prestazione si sostanzia in un’erogazione diretta in conto corrente, da parte dell’INPS, di una somma mensile parametrata all’ISEE ed alla composizione del nucleo familiare, spettante per ogni figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza.
A determinate condizioni, il sussidio è esteso fino al compimento dei ventuno anni di età del figlio.
Alla partenza dell’assegno unico si accompagna l’abrogazione di alcune delle attuali misure di sostegno alle famiglie, prime fra tutte detrazioni fiscali per figli a carico ed ANF. Analizziamo nel dettaglio quali prestazioni scompariranno e da quando.
Premio alla nascita o Bonus mamma domani
Assegno ai nuclei con almeno tre figli minori
Fondo di sostegno alla natalità
Assegno al nucleo familiare ANF
Detrazioni figli a carico
Tanto la legge delega quanto lo schema di decreto approvato in CDM, non prevedono l’abrogazione di altre misure a sostegno delle famiglie, ad esempio bonus asilo nido, congedo parentale e permessi giornalieri per allattamento.
Discorso a parte per l’Assegno di natalità o “Bonus Bebè” introdotto dall’articolo 1 comma 125 della L. n. 190/2014, a beneficio delle famiglie per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo.
La misura si concretizza in un importo mensile erogato sino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso del figlio nel nucleo familiare.
Il sussidio, erogato dall’INPS, spetta in misura diversa a seconda dell’ISEE, da un massimo di 1.920 euro annui (160 euro mensili), per chi ha un ISEE non superiore a 7 mila euro, ad un minimo di 960 euro annui (80 euro mensili) se l’ISEE è superiore a 40 mila euro.
Il Bonus Bebè è compreso (articolo 3 della Legge delega n. 46/2021) tra le prestazioni destinate ad essere soppresse o gradualmente superate in virtù dell’introduzione dell’assegno unico. Tuttavia non compare all’articolo 10 della bozza di Decreto legislativo, insieme alle altre misure abrogate dal 1° gennaio o dal 1° marzo 2022.