Maxi deduzione fiscale
L’art. 4 del D.L.vo n. 216/2023 prevede, in maniera non strutturale (è una caratteristica presente in molte delle nuove agevolazioni), un benefit di natura fiscale: nel 2024 per tutte le assunzioni a tempo indeterminato realizzate in corso d’anno sarà possibile, nel 2025, dedurre dall’IRPEF e dall’IRES il costo del personale relativo ai neo assunti maggiorato del 20% (del 30% in alcuni casi che riguardano lavoratori in condizione di particolare criticità).
La deduzione si applica sul valore minore tra il costo sostenuto nel 2024 per i nuovi dipendenti e l’incremento delle spese del personale intervenuto tra il 2023 ed il 2024.
I datori di lavoro interessati appartengono al settore privato che alla data del 31 dicembre 2023 siano stati attivi per 365 giorni. In attesa degli auspicabili chiarimenti amministrativi ritengo che la disposizione si applichi (con esclusione del settore domestico) a:
- Imprenditori;
- Non imprenditori (professionisti, associazioni, fondazioni, ecc.);
- Enti pubblici economici.
La disposizione non si applica alle società ed agli Enti in liquidazione ordinaria o giudiziale o agli altri istituti collegati alla crisi di impresa.
L’incremento occupazionale dei dipendenti a tempo indeterminato va calcolato nel raffronto tra quelli in forza al 31 dicembre 2024 e il numero dei dipendenti mediamente a tempo indeterminato, occupato nel 2023. Il computo, laddove ricorra questa eventualità, va fatto coinvolgendo le imprese collegate o soggette a controllo, secondo il concetto comunitario di “impresa unica”, richiamato, da ultimo, dal Regolamento UE 2023/2831. I lavoratori a tempo indeterminato con orario a tempo parziale dovrebbero essere computati “pro-quota” rispetto al normale orario, in linea con la previsione dell’art. 9 del D.L.vo n. 81/2015.
A mio avviso, allorquando la norma parla di lavoratori a tempo indeterminato si riferisce anche a coloro che, avendo un contratto a termine, vedono il proprio rapporto trasformato a tempo indeterminato nel corso del 2024 ed anche a chi viene assunto con contratto di apprendistato professionalizzante che, ai sensi dell’art. 41 del D.L.vo n. 81/2015, è un contratto a tempo indeterminato finalizzato all’occupazione dei giovani attraverso un percorso formativo. Non ci rientra il contratto di lavoro intermittente, sia pure a tempo indeterminato, atteso che lo stesso è caratterizzato da saltuarietà ed episodicità e dipende, unicamente, dalla “chiamata” del datore di lavoro.
L’Agenzia delle Entrate e il D.M. richiesto dal comma 6 dell’art. 4, dovranno chiarire alcune questioni importanti.
La prima concernente modalità di computo dei lavoratori a tempo indeterminato: andrà chiarito se il calcolo dei dipendenti per il 2024 andrà effettuato, come dice, a mio avviso, sbrigativamente, la disposizione, a fine 2024, oppure per ogni singolo mese, come richiedono le disposizioni comunitarie, come, ad esempio, avviene per l’assunzione di “donne svantaggiate ex art. 4 della legge n. 92/2012.
La seconda questione da chiarire riguarda il criterio di calcolo allorquando si deve intervenire non soltanto sull’azienda che chiede la deduzione fiscale ma anche sulle imprese collegate o controllate: non dovrebbero rientrare nel computo, secondo quanto detto anche dagli organismi comunitari, i lavoratori che vanno in pensione, i dimissionari (tranne quelli per giusta causa) ed i licenziamenti per giusta causa.
Se ad essere assunti sono “soggetti svantaggiati” la deduzione sale dal 20% al 30%. In tale categoria rientrano:
- Soggetti ”molto svantaggiati”, come individuati dal Regolamento UE n. 2014/651;
- Portatori di handicap;
- Minori in età lavorativa con difficoltà familiari;
- Donne di qualsiasi età con almeno due figli minori;
- Giovani ammessi agli incentivi per l’occupazione giovanile;
- Ex percettori del reddito di cittadinanza che accedono all’assegno di inclusione
La norma, per come è scritta, richiede agli organi amministrativi una serie di delucidazioni: il Legislatore se ne è reso conto, prevedendo al comma 6 dell’art. 4, un D.M. “concertato” tra Lavoro ed Economia, destinato ad essere varato entro la fine di gennaio, il quale dovrà contenere una serie di norme attuative, con particolare riguardo alla determinazione dei coefficienti di maggiorazione relativi alle categorie di lavoratori svantaggiati, con la precisazione che, complessivamente, i coefficienti non superino l’aliquota del 10% assegnata.
Assunzioni agevolate per i titolari di assegno di inclusione e di supporto alla formazione ed al lavoro
La norma, contenuta nel D.L. n. 48/2023, è entrata in vigore il 1° gennaio 2024 e ne possono usufruire tutti i datori di lavoro privati, compresi quelli agricoli e con l’esclusione di quelli domestici.
Queste sono le agevolazioni:
- In caso di assunzione a tempo indeterminato, anche con rapporto di apprendistato, che è un contratto a tempo indeterminato, è previsto un esonero pari al 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 8.000 euro (con esclusione di quanto dovuto all’INAIL), riparametrati ed applicati su base mensile (666,66 limite massimo) per la durata di 12 mesi. In caso di assunzione a tempo parziale l’agevolazione è proporzionalmente ridotta. Tra le assunzioni incentivabili rientrano anche, a mio avviso, quelle dei soci di società cooperative che, una volta associatisi, stipulano un contratto di lavoro subordinato, come previsto dall’art. 1 della legge n. 142/2001;
- In caso di assunzione con contratto a tempo determinato, anche di natura stagionale, l’incentivo è stabilito per un massimo di 12 mesi e, comunque, non oltre la durata del rapporto, nella misura del 50% della contribuzione a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e dei contributi INAIL e della c.d. contribuzione minore”) per un importo massimo di 4.000 euro, riparametrato su base mensile (333,33 euro al massimo): in caso di trasformazione a tempo indeterminato l’esonero viene riconosciuto nel limite massimo di 24 mesi, inclusi i periodi di esonero già fruiti (v. circolare INPS n. 111 del 29 dicembre 2023).
Sono estranei allo sgravio contributivo:
- I premi ed i contributi assicurativi INAIL;
- Il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
- Il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
- Il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
- Le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;
- Il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi da 8 a 14, del D.L.vo n. 182/1997;
- Il contributo di solidarietà per gli sportivi ex art. 1, commi 3 e 4, del D.L.vo n. 166/1997.
Le Agenzie di Lavoro e gli agli Enti abilitati, se intervengono nella collocazione del lavoratore, ricevono un contributo (a carico dell’Erario) proporzionale a quanto riconosciuto al datore di lavoro pari al 30% e per un ammontare massimo di 2.400 euro (30% di 8.000) che, ovviamente, si riduce in presenza di una tipologia contrattuale a termine.
Per poter fruire dei benefici il datore di lavoro deve rispettare le previsioni contenute nel comma 1175 dell’art. 1 della legge n. 296/2096 e nell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.
Ci sono, poi, una serie di altri vincoli per il datore di lavoro.
Se, entro i 24 mesi successivi all’assunzione, procede al licenziamento di un dipendente già fruitore di assegno di inclusione, al di fuori della giusta causa e del giustificato motivo (si presume soggettivo), sarà tenuto a restituire l’ammontare dello sgravio contributivo goduto, con applicazione delle sanzioni civili ex art. 116 della legge n. 388/2000, calcolate in base a tasso di riferimento maggiorato di 5,5 punti percentuali in ragione di anno. La restituzione si applica anche nell’ipotesi in cui il recesso, seppur motivato da giusta causa o giustificato motivo, venga riconosciuto, giudizialmente, come illegittimo. La restituzione di quanto fruito deve avvenire anche nel caso in cui il licenziamento sia avvenuto durante il periodo di prova.
Qualora un datore abbia risolto ex art. 2118 c.c. un rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo, essendo questa una possibilità coperta da previsione legale, dovrà pagare i contributi previdenziali a suo carico per tutta la durata del periodo formativo senza applicazione di alcuna sanzione.
La restituzione dello sgravio avviene anche nel caso in cui il lavoratore si sia dimesso per giusta causa.
La restituzione dell’incentivo non ha, comunque, effetti sul contributo riconosciuto alle Agenzie di Lavoro o agli Enti abilitati per la loro attività di mediazione.
Il beneficio è compatibile con la normativa sugli aiuti di Stato e, come ricorda la circolare INPS n. 111/2023, va correlato con la normativa su “de minimis”, adeguata, di recente, dal Regolamento UE n. 2023/2831. L’agevolazione concessa va registrata, a cura dell’Istituto, sul Registro Nazionale degli aiuti di Stato.
Altra questione che si pone è quella della cumulabilità di questo beneficio con altri incentivi eventualmente goduti per effetto della attivazione di altre disposizioni. L’art. 10, comma 9, del D.L. n. 48/2023 prevede, espressamente, il cumulo con gli incentivi ex art. 1, commi 297 e 298 della legge di bilancio n. 197/2022 (“under 36” e donne svantaggiate con un tetto massimo di 8.000 euro) ed ex art. 13 della legge n. 68/1999.
Per quel che riguarda il primo beneficio si può senz’altro affermare che lo stesso sia inoperante, in quanto alle assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2024 non è più applicabile non essedo stato prorogato: resta, invece, quello che riguarda i portatori di handicap ai quali fa riferimento la legge n. 68/1999.
Ma quale sarà con certezza l’ammontare del beneficio spettante?
Il datore dovrà chiederlo, come ricorda la circolare INPS n. 111/2023, utilizzando l’apposita modulistica on-line, al “portale delle agevolazioni” dell’INPS che:
- Calcolerà l’ammontare dello sgravio sulla scorta delle informazioni in possesso circa l’assegno di inclusione o di supporto alla formazione e lavoro, dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore dichiarati nella richiesta;
- Consulterà il Registro Nazionale degli aiuti di Stato per verificare la capienza relativa alle provvidenze già concesse e registrate a favore del datore e riconoscere, di conseguenza, l’agevolazione richiesta;
- Fornirà un riscontro al datore di lavoro, sulla base di quanto accertato: l’importo riconosciuto attraverso le procedure telematiche sarà quello che potrà essere utilizzato nelle denunce contributive.
Assunzioni agevolate di donne vittime di violenza
Con i commi 191 e 192 dell’art. 1 della legge n. 213/2023 è stata prevista una nuova assunzione agevolata destinata a favorire l’occupazione delle donne vittime di violenza. La disposizione non ha natura strutturale, essendo limitata al triennio 2024-2026. E’ questo l’unico incentivo per le assunzioni previsto dalla legge di Bilancio.
Ma, quali sono le condizioni e a quanto ammontano gli sgravi contributivi?
Destinatari del beneficio sono i datori di lavoro privati: ad avviso di chi scrive, seguendo le indicazioni amministrative seguite in casi analoghi, la norma incentivante riguarda tutti i datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori (ivi compresi gli Enti pubblici economici), ivi compresi quelli agricoli e con la sola esclusione di quelli domestici, alla luce della specialità del rapporto.
Le donne interessate sono quelle che risultano disoccupate ai sensi dell’art. 19 del D.L.vo n. 150/2015 e che sono beneficiarie di aiuti erogati dal Fondo per il reddito di libertà per le vittime di violenza (art. 105-bis del D.L. n. 34/2020). Nel 2024 potranno essere assunte anche donne che hanno fruito di aiuti a carico del Fondo nel corso del 2023.
La misura dell’agevolazione è pari al 100% della contribuzione a carico del datore di lavoro con un tetto massimo fissato a 8.000 euro l’anno, riparametrato ed applicato su base mensile (ciò significa che il limite massimo del mese è di 666,66 euro). Sotto l’aspetto pensionistico non ci sono effetti negativi.
L’esonero contributivo è variabile in relazione alla tipologia contrattuale. Infatti:
- È per 24 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato che potrebbe essere, nel silenzio della norma, anche a tempo parziale (in quest’ultimo caso, ovviamente, in proporzione all’orario ridotto);
- E’ per 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato, anche in somministrazione;
- E’ per 18 mesi in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
La norma risulta essere finanziata con 1,5 milioni di euro per l’anno 2024, con 4 milioni di euro per il 2025, con 3,8 milioni di euro per il 2026, con 2,5 milioni per il 2027 e con 0,7 milioni di euro per il 2028. All’INPS spetta l’onere del monitoraggio cosa che, in caso di superamento, anche in via prospettica del limite annuale di spesa, comporta lo “stop” alle domande che dovessero arrivare successivamente.
La disposizione non ne parla ma si ritiene che la stessa rientri all’interno del “de minimis” rimodulato dal Regolamento UE n. 2023/2831, con un tetto massimo nei tre esercizi finanziari considerati (quello attuale ed i due precedenti), di 300.000 euro.
Al momento, non è stata varata alcuna disposizione amministrativa, cosa che non consente la piena operatività della norma. Speriamo che ciò avvenga in empi brevi: comunque, anticipando, in un certo senso, le indicazioni dell’INPS (perché mi riferisco a disposizioni in vigore in casi analoghi), ritengo che la fruizione dello sgravio contributivo sia subordinata al rispetto dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/20906 e dell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.