Con la circolare n. 217 del 2016 l’Inps ha confermato che dal 1° gennaio 2017 l’istituto della mobilità ordinaria cesserà di esistere, così come stabilito dall’articolo 2, comma 71, della legge Fornero, la quale ha introdotto, in tema di ammortizzatori sociali, una tutela universale contro gli eventi che provocano la disoccupazione involontaria, abolendo contestualmente liste di mobilità, indennità di mobilità e il cosiddetto collocamento in mobilità.
In conformità a quanto previsto dalla riforma del 2012, nei primi giorni del prossimo anno l’Istituto nazionale della previdenza sociale provvederà, dunque, alla cancellazione dei lavoratori dalle liste di mobilità.
La prospettiva si presenta completamente diversa con il nuovo anno. La circolare in esame, confermando quanto previsto dal decreto legislativo 185 del 2016, cosiddetto “correttivo Jobs Act”, infatti, concede piena centralità alla mobilità in deroga, nuova protagonista dei sistemi di ammortizzazione sociale. Tale ultima prestazione, come precisato dall’Inps, “è sostanzialmente un’estensione ad una platea di beneficiari più ampia della modalità ordinaria, dalla quale mutua diversi aspetti della disciplina”.
In tal senso, l’introduzione del comma 6-bis all’articolo 44 del decreto legislativo 24 settembre 2016 n. 185, cosiddetto correttivo Jobs Act, ha giocato un ruolo da protagonista. Le Regioni e le Province autonome potranno, infatti, disporre l’utilizzo delle di ben il 50% delle risorse complessive ad esse attribuite per prorogare gli effetti degli ammortizzatori in deroga.
Quindi per i lavoratori licenziati dal 31 dicembre 2016 l’indennità di mobilità ordinaria cesserà d’esistere. Al suo posto la Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’Impiego (Naspi). Quest’ultima, si ricordi, è prevista per tutti i lavoratori dipendenti, con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli, che (i) siano neo-disoccupati involontari alla ricerca di un’occupazione, (ii) che abbiano versato almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti alla richiesta, (iii) e che abbiano lavorato 30 giorni (di effettivo lavoro) nei 12 mesi precedenti allo stato disoccupazione dichiarato.
Tutto ciò con profili di interesse per le società che decideranno di farsi carico dei lavoratori in regime Naspi. Quest’ultime, infatti, potranno beneficiare, per ogni mensilità che verrà corrisposta al dipendente, di un 20% di contributo mensile dell’indennità residua spettante al singolo.