Il nuovo testo dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003 così come modificato dal D.legge 25/2017, prevede oggi: “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.
Quindi viene meno la possibilità per la contrattazione collettiva di derogare a tale norma ma, soprattutto, più o meno dal 1 gennaio viene eliminato il “beneficio di preventiva escussione” precedentemente previsto in favore del committente nei confronti dell’appaltatore (o dell’appaltatore nei confronti dell’eventuale subappaltatore).
Sul punto la previgente normativa disponeva che: “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori”. Oggi, tale disposizione è abrogata.
Dal 17 marzo 2017, quindi, nell’ambito di appalti, qualora il datore di lavoro non paghi i propri dipendenti, o non versi i relativi contributi previdenziali ed assicurativi, il lavoratore o gli enti preposti, potranno agire direttamente contro il committente, senza ulteriori interventi anche solo dopo aver spedito una raccomandata e non aver ricevuto il dovuto.
Il nuovo regime rende evidentemente più semplice per il lavoratore e gli istituti (INPS/ISNIL/INL) ottenere il pagamento delle retribuzioni non corrisposte ma, al contempo, penalizza le imprese della filiera, deresponsabilizzando il debitore principaleinadempiente e esponendo le aziende committenti al rischio di dover rispondere per inadempimenti di altre imprese, senza poter pretendere che vengano previamente esperiti tutti i tentativi per “costringere a pagare” il debitore principale.
In conclusione la novella legislativa, pur rendendo evidentemente più semplice per il dipendente o per gli enti di controllo recuperare eventuali retribuzioni o contributi non corrisposti, “deresponsabilizza” il diretto responsabile e PENALIZZA il committente.