L’INL, con nota n. 1436 del 17 febbraio 2020, ha offerto chiarimenti in merito ai casi di omesso versamento, da parte del datore di lavoro, della quota contributiva ai Fondi di previdenza complementare. L’ipotesi del mancato versamento di parte dei contributi previsti dalle fonti istitutive del Fondo prescelto integra un inadempimento contrattuale del datore di lavoro, pertanto il lavoratore potrà agire innanzi al giudice civile per la tutela della propria posizione contrattuale.

Sotto il profilo ispettivo, assume rilevanza la decisione della Cassazione, SS.UU. n. 4684/2015, che ha definitivamente escluso la natura retributiva del contributo integrativo posto a carico del datore di lavoro dai contratti e accordi collettivi riconoscendone, invece, la natura esclusivamente previdenziale. Di conseguenza, non è possibile adottare la diffida accertativa di cui all’articolo 12, D.Lgs. 124/2004 in relazione ai versamenti che il datore di lavoro non abbia effettuato, anche in considerazione del fatto che il citato articolo 12 fa riferimento ai “crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro”, mentre nel caso in esame il creditore dell’obbligazione contributiva non è il lavoratore, ma il Fondo di previdenza complementare, poi tenuto all’erogazione in suo favore della prestazione previdenziale.

L’INL ritiene, invece, che in tali casi si configuri un’ipotesi di violazione dell’articolo 1, comma 1175, L. 296/2006, secondo cui “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge (…)”.

Ciò in quanto, il D.Lgs. 252/2005, che detta la disciplina delle forme pensionistiche complementari, come modificato dalla L. 296/2006, prevede, in favore delle aziende che dal 1° gennaio 2007 devono trasferire il Tfr nelle forme pensionistiche complementari, misure compensative per contenere gli effetti finanziari derivanti dallo smobilizzo del Tfr. L’articolo 10, comma 2, D.Lgs. 252/2005, così come sostituito dall’articolo 1, comma 764, L. 296/2006, consente infatti una riduzione degli oneri contributivi a carico dell’azienda laddove dispone che “il datore di lavoro è esonerato dal versamento del contributo al Fondo di garanzia previsto dall’articolo 2, della legge 29 maggio 1982, n. 297, e successive modificazioni, nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”.

Pertanto, laddove il datore di lavoro non abbia effettuato il versamento dei contributi nella misura di cui sopra al Fondo di previdenza complementare e abbia comunque ridotto il proprio onere contributivo omettendo i versamenti dovuti al Fondo di garanzia, si configura una violazione di Legge che legittima il recupero degli sgravi contributivi eventualmente fruiti in applicazione del suddetto articolo 1, comma 1175, L. 296/2006.