“Con la sentenza n. 13196 del 25 maggio 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito un concetto fondamentale: in presenza di un rapporto di lavoro costituito a tempo parziale, il datore di lavoro non può, inserendo il divieto nel regolamento aziendale, impedire al lavoratore di sottoscrivere un altro contratto di lavoro.
Tale divieto non può essere apposto in quanto contrasta con il principio, sancito anche a livello comunitario, secondo il quale il lavoratore ha la piena disponibilità del proprio tempo libero dalla occupazione lavorativa.
Nessuna disposizione vieta il cumulo delle prestazioni lavorative con la possibilità di svolgere più rapporti di lavoro subordinati con più datori: ovviamente, dal D.L.vo n. 66/2003 emergono alcuni limiti che non possono essere, a mio avviso, superati:
- la durata massima settimanale, intesa anche come media del periodo di riferimento, secondo la previsione dell’art. 4 che non può superare le 48 ore settimanali, comprensive delle prestazioni straordinarie;
- il riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive, come previsto dall’art. 9, che sul singolo rapporto può essere calcolato, come media, in un periodo non superiore a 14 giorni;
- il riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore, alla luce di quanto affermato dall’art. 7, con espressa deroga in caso di prestazione frazionata o in presenza di reperibilità.
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 8 del 3 marzo 2005 ha affermato che sul lavoratore grava l’onere (peraltro, non sanzionato) di comunicare al datore di lavoro l’ammontare delle ore in cui presta la sua attività