L’articolo 12 del decreto Aiuti-bis ha elevato la soglia di esenzione Irpef a 600 euro per i beni ceduti e i servizi resi ai dipendenti e, in quanto in sostituzione del comma 3 dell’articolo 51 del Tuir, dovrebbe essere compatibile con la disciplina dei premi di risultato detassati (articolo 1, comma 182 e seguenti, della legge 208/2015).

L’agevolazione, cumulabile con i buoni carburante non imponibili fino a 200 euro (articolo 2 del decreto legge 21/2022), è di carattere temporaneo e fruibile per il solo periodo di imposta 2022.

Secondo la formulazione dell’articolo 12, i premi possono essere convertiti anche in rimborsi di utenze domestiche (acqua, luce e gas), cioè in denaro. Possibilità quest’ultima che, in tempi di rincari delle bollette, potrebbe risultare più gradita ai dipendenti e accessibile anche per quelle aziende che non si sono ancora dotate di piattaforme welfare.

Poter beneficiare di un importo complessivo esente di 800 euro si traduce per il dipendente in un notevole risparmio fiscale e contributivo, non essendo dovuti nè i circa 75 euro di Inps a proprio carico, nè l’Irpef, quest’ultima neanche nella misura ridotta del 10%, applicabile nel caso dei premi in denaro agevolati. Altrettanti vantaggi ci sono per l’impresa, che può azzerare anche i contributi previdenziali di propria competenza, in questo caso pari a circa 250 euro (nell’ipotesi del settore industria). L’incentivo totale sembra appetibile anche per premi più elevati (secondo l’ultimo report del ministero del Lavoro, il valore medio dei premi è di 1.492 euro), naturalmente laddove la conversione sia consentita e prevista negli accordi aziendali o territoriali.

Ad esempio, a fronte di un premio di 1.000 euro, il dipendente potrebbe selezionare 600 euro di rimborso utenze per l’energia elettrica, 4 voucher da 50 euro di buoni carburante e i rimanenti 200 euro lasciarli soggetti all’imposta del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, sempre che non opti, con rinuncia scritta, per la tassazione ordinaria ove la ritenga più favorevole, ad esempio in presenza di spese deducibili ai fini Irpef.

Nel differente caso in cui il dipendente abbia diritto sia al premio di risultato detassato sia a beni e servizi per 600 euro, in aggiunta al premio (anche sotto forma di voucher), potrebbe essere svantaggioso convertire il premio in ulteriori benefit (per la perdita della tassazione al 10%), considerata l’incapienza del plafond. Ciò è senz’altro vero per i beni e servizi diversi da quelli dell’articolo 51, comma 2, del Tuir compresi quelli del comma 4, in quanto alimentano il plafond dei 600 euro.

È conveniente, invece, la conversione del premio di risultato nelle fattispecie dell’articolo 51, comma 2, del Tuir, se le utilità selezionate rientrano nei limiti e condizioni stabilite (e pertanto non sono imponibili) fermo restando il rispetto del perimetro di applicazione della disciplina dei premi e la presenza di una simile previsione negli accordi sindacali. Ad esempio, il lavoratore potrebbe chiedere al datore di versare le somme che costituiscono premi potenzialmente assoggettabili all’imposta sostitutiva, a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale entro il limite complessivo di 3.615,20 euro (articolo 51, comma 2, lettera a), oppure ricevere buoni pasto nei limiti di 4/8 euro giornalieri (lettera c), o, ancora, ottenere azioni entro l’importo di 2.065,83 euro (lettera g) cercando di non superare tali soglie tenuto conto anche delle altre eventuali erogazioni dei medesimi benefit ricevute nello stesso periodo di imposta.