I rimborsi chilometrici per le trasferte fuori sede dei dipendenti possono contribuire alla composizione del reddito imponibile anche se con alcune eccezioni (cfr. Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 92/E del 30 ottobre 2015). In generale, tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente salvo quanto statuito dai commi 2 e seguenti dall’art. 51, co. 1 del TUIR.
Il comma 5 dell’art. 51 del TUIR definisce il regime fiscale da applicare alle somme corrisposte nell’ipotesi in cui il dipendente sia incaricato di svolgere l’attività lavorativa al di fuori della normale sede di lavoro (trasferte o missioni).
Regime fiscale
Per quanto concerne il regime fiscale da applicare ai rimborsi spese corrisposti sotto forma di indennità chilometrica, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che i rimborsi chilometrici erogati per l’espletamento della prestazione lavorativa in un comune diverso da quello in cui è situata la sede di lavoro, sono esenti da imposizione sempre ché, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia calcolato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura.
· Se la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere dalla propria residenza la località di missione risulta inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile.
· Se la distanza percorsa per raggiungere dalla residenza alla località di missione risulta maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che viene erogato un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile.